La prova elettorale del 15 ottobre per il rinnovo del Consiglio Provinciale (vedi i risultati in allegato: ELEZIONE CONSIGLIO PROVINCIALE DI VARESE) si è conclusa in parità tra i due schieramenti in campo. Al loro interno, tra le liste, si registra la perdita di un consigliere da parte della lista promossa dal PD (che passa da 7 a 6) mentre lista alleata di Esperienza Civica conquista due consiglieri dopo la scissione avvenuta in casa NCD. È grazie al risultato di questa lista se l’agognato ribaltone rincorso dal centrodestra è fallito. Insieme però perdono 6.013 voti (- 6,6%) sul 2014. Sul fronte opposto la Lega ne conquista uno (da 3 a 4), la lista sostenuta da Forza Italia lo perde, uno però viene conquistato dalla lista guidata dall’ex vicepresidente Ginelli (NCD). Complessivamente il centrodestra guadagna 5.284 voti (+6,6%) e un consigliere in più.
Risultato finale 8 consiglieri per ciascun schieramento. Pari e patta? Sì e anche no. Infatti va contato pure il Presidente non toccato dalle elezioni in quanto la fantasiosa riforma Delrio ha stabilito che i presidenti restano in carica quattro anni anziché due come i consiglieri. Quindi sarà Gunnar Vincenzi a decidere il da farsi e cioè se stare con gli otto, espressione delle liste che lo avevano sostenuto due anni fa, o allargare la sua maggioranza. Volendo potrebbe anche fare il “ribaltone”. Politicamente non sarebbe corretto, ma sul piano formale la cosa è perfettamente ammissibile. Le diverse ipotesi o le ambiguità del caso dipendono da una legge che, come scrivevamo settimana scorsa, promana “una cultura gestionale consociativa”. Che poi la legge sia stata scritta e pensata dagli stessi che in altre circostanze ripudiano con sdegno il consociativismo è un altro dei tanti misteri della politica italiana.
Prima del voto si è discusso molto degli effetti “politici” di questa consultazione elettorale riservata ai soli “eletti”, consiglieri comunali e sindaci. Anche se la sostanziale parità tra le forze in campo consente la “continuità” del Presidente Vincenzi non è da escludere qualche colpo di scena. Già si rincorrono le “rivelazioni” sul “lavorio” svolto, prima del voto e dietro le quinte, da alcuni esponenti politici. Non è una novità, però consente di capire meglio le reali volontà dei soggetti in campo oltre che gli effetti di certe riforme.
Se nel 2014 il segretario provinciale del PD aveva trattato e concordato il dopo voto con il capo di NCD – Raffaele Cattaneo – questa volta si sarebbe spinto ancora più in là fino a coinvolgere nientepopodimenochè Nino Caianiello, capo della componente più attiva di Forza Italia. Avremo modo di verificare se si tratta di illazioni o di cos’altro. Nel frattempo il capogruppo PD in Provincia conferma l’accordo con Magrini e rifiuta l’abbraccio di Caianiello.
Ma al di là delle chiacchiere o delle trame interne ed esterne al PD resta il fatto che il destino della Provincia e le scelte sulle materie che restano di sua competenza non sono mai stati al centro dell’attenzione di questa strana campagna elettorale. O meglio lo sono stati, ma solo per le ricadute gestionali e di potere.
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