La funzionalità, la sicurezza e il decoro di una stazione ferroviaria e delle aree di pertinenza dovrebbero essere sempre il biglietto da visita di una città. Il primo contatto, la prima impressione sono quelle che più condizionano e impressionano il turista, il viaggiatore o l’uomo d’affari che vi giunge o vi ritorna.
Nei tempi andati la stazione era il vanto e l’orgoglio di una comunità. Foto della stazione locale comparivano in bella mostra persino su La Settimana Enigmistica a significare l’importanza turistica e sociale di questi edifici assunti a monumenti degni di essere riprodotti e fotografati.
Varese in questo caso non può certo ambire a comparire sulle riviste patinate: sia l’ingresso dall’autostrada sia le stazioni rappresentano un pessimo viatico alla nostra Città Giardino.
Da sempre la nostra città ha vissuto la presenza di due stazioni tra loro vicinissime come un fatto penalizzante, di confusione e quasi di competizione anziché come una sinergia e un punto d’unione.
Più che una risorsa del territorio questo dualismo ha significato perdita d’identità e difficoltà urbanistiche.
Il progetto della riqualificazione dei due poli ferroviari è sempre stato un sogno per intere generazioni di varesini; siamo venuti grandi, siamo invecchiati nella speranza di poter vedere realizzato questo miracolo bosino. Sono quasi cent’anni che se ne parla e se ne progetta.
Le realizzazioni non sono però mai arrivate; tutto si è fermato alle sparate di qualche assessore, ai titoloni sui quotidiani, ai proclami preelettorali. Pare impossibile che la nostra terra, riconosciuta come concreta e operativa, non abbia mai saputo portare a termine un progetto tanto necessario ed auspicato.
Anzi si è verificato il contrario: più si progetta e se ne parla e più l’area sprofonda in uno stato comatoso di incuria e sciatteria. La zona stazioni anziché assurgere al ruolo di centro propulsivo e commerciale della città è andata via via degradando fino allo stato attuale di zona ritenuta insicura e pericolosa.
Progetti faraonici con torri, grattacieli, iperspazi commerciali sono rimasti (per nostra fortuna) solo nelle intenzioni di qualche politico e nelle mire di qualche affarista che vedeva nelle stazioni un’ottima opportunità per l’ennesima aggressione cementizia alla quiete orizzontale e verde del nostro paesaggio. Sulle stazioni le diverse amministrazioni hanno alzato sempre bandiera bianca, perse nella rassegnazione, nell’inedia o dietro a miraggi di progetti non sostenibili sia dal punto di vista finanziario che urbanistico.
Il comparto delle stazioni è un problema per Varese: l’eterna irrisolta. Simbolo della resa è il passaggio sottopedonale che collega Viale Milano con il supermercato e le FN. Chiuso sei anni fa per manifesta e dichiarata incapacità di garantirne la sicurezza; le chiavi dei cancelli sono state buttate via; d’allora nessuno mai vi è più entrato. Da fuori sono visibili all’interno montagne di spazzature, residui vegetali, sporcizia che ormai riempiono il tunnel.
Questo è il simbolo di un’impotente resa, di un degrado, del non volere affrontare il problema rimandandolo invece agli altri; ma poi a chi? Si sono rincorsi i miraggi della città del 2100 con grattacieli, spazi commerciali enormi, sale d’attesa congiunte faraoniche, scale mobili e si è persa di mira la quotidianità: i sottopassi chiusi, l’illuminazione insufficiente, le videocamere non funzionanti per mancanza di manutenzione, il declino ovunque, la non sicurezza. Il degrado tollerato ha richiamato degrado, mal frequentazione e malavita. Condivido dunque a pieno quanto scrivono su Semi di città gli amici Angelo Del Corso e Valerio Crugnola di Varese2.0 ….. è il degrado che provoca la mala frequentazione e non viceversa !…
Di fronte a questa situazione, scappata di mano, l’orientamento politico fu quello di affidarsi ad un financial project cioè ad un intervento di privati che, in cambio della riqualificazione di aree pubbliche, ottengono una volumetria edificatoria privata mostruosa con buona pace del dolce paesaggio varesino che è invece di tutti.
Se anche un solo vantaggio fosse insito nel nuovo progetto presentato da questa amministrazione e finanziato per 18 milioni di euro dal governo centrale, sarà di sicuro un’enorme e meritoria novità: nessuna partecipazione privata sarà coinvolta! Nessuna svendita di territorio pubblico a nessuno. Questo sarebbe già sufficiente a dire “ben fatto”: un piccolo grande passo nel segno della discontinuità e del cambiamento.
Certo i tempi in cui i nostri tecnici hanno dovuto lavorare per presentare il progetto di massima nei termini previsti dal bando (fine agosto) sono stati brevissimi (due mesi scarsi). Certo qualcuno potrà dissentire, criticare, dire che si poteva fare questo o quell’altro, meglio e di più. Ma vi era un’urgenza oggettiva: poter accedere a finanziamenti centrali a fondo perso per un’opera di vitale importanza per la città.
Di fatto dopo trenta anni si porrà mano finalmente a questo comparto; certo le stazioni non saranno unificate, ma questo non è e non sarà la priorità di Varese. Si riqualificheranno le aree, si metteranno in sicurezza i cittadini, i turisti, gli studenti, si interverrà sul sociale riqualificando edifici fatiscenti – chalet Martinelli, dopo lavoro e centro diurno anziani – , si porrà mano alla stazione degli autobus, oggi indegna, si collegherà il centro cittadino con Giubiano che tornerà ad essere un rione vivibile e liberato dal caos, l’ospedale avrà finalmente dei parcheggi, nuovi spazi verdi sorgeranno, le aree saranno sorvegliate, le videocamere torneranno a funzionare.
Dal degrado attuale, dalla mal frequentazione ed insicurezza si passerà ad un area riqualificata e perciò sicura e vivibile.
Vi pare poco? Insomma finalmente si cambia; in tempi brevi, senza stravolgere o svendere il paesaggio. Alle parole seguiranno i fatti. Mi auguro che tutte queste piccole, grandi considerazioni possano indurre il prossimo consiglio comunale del 27 ottobre ad approvare all’unanimità il progetto e il suo iter.
L’auspicio è che almeno in queste opere, concrete e realizzabili subito, si guardi al bene comune e non alla fazione. E se qualcosa da modificare ci sarà lo si faccia con il contributo operoso e propositivo di tutti.
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