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Apologie Paradossali

REFERENDUM/3 POTERE RIDISTRIBUITO

COSTANTE PORTATADINO - 13/10/2016

regioni(S) Forse ci vorrebbe un giubileo della misericordia anche per la politica, a giudicare dalle polemiche sul referendum. La pausa che hai introdotto con la presentazione della “Porta Santa” di Bodini ci ha allontanato per una settimana dalle polemiche. Ma ora dobbiamo tornare al tema; ti anticipo, dal momento che lo avevi già indicato: autonomie locale e sussidiarietà. Prova tu a rispondere a questa obiezione: siamo stufi degli sprechi delle Regioni, delle Province, quasi abolite ma che rivivrebbero se passasse il NO, delle infinite società municipalizzate e di tutti gli enti inutili, messi in piedi solo per avere poltrone da distribuire. O no?

(O) Vuoi proprio litigare! È vero esattamente il contrario, che gli sprechi ci sono perché non si attua il decentramento dei poteri, delle risorse e della gestione e soprattutto perché a questo non si affianca la sussidiarietà come intervento delle realtà sociali e pure imprenditoriali nella risposta ai bisogni diffusi della gente: abbiamo una quantità di esempi, dagli asili nido alle scuole, alla sanità privata ai servizi per trovare lavoro. Manca una sola cosa: il controllo da parte degli enti superiori e l’introduzione dei costi standard per i vari servizi, per garantire insieme qualità e risparmio. È verissimo che il principale problema dell’Italia sia il peso del debito pubblico, ma lo si riduce solo ritrovando efficienza e non ricreando sistemi elefantiaci di programmazione e gestione centralizzata e burocratica.

(C) Calma; ritorniamo al testo del nostro esperto di riferimento:

“La riforma del 2001 fu una riforma fortemente autonomista, con significativo allargamento delle competenze legislative delle Regioni non più soggette alla previa emanazione di leggi quadro statali, con l’abolizione del limite dell’ “interesse nazionale” a qualsiasi disposizione di legge regionale, con l’abolizione dei Commissari di governo e con l’abolizione dei controlli statali di legittimità e di merito sugli atti regionali, mantenendosi soltanto un controllo di tipo auditing della Corte dei conti sulla legislazione di spesa e il controllo di legittimità costituzionale della Corte costituzionale. Ma soprattutto la grande novità fu l’introduzione nel 2001 dei principi di sussidiarietà, diversificazione e adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative che quindi avrebbero dovuto essere allocate al livello più basso (Comune) a meno che il livello più basso non fosse giudicato non in grado di gestirle. È stato di conseguenza eliminato il parallelismo fra funzioni legislative e amministrative per il quale le funzioni spettavano all’ente regolatore e disciplinatore delle stesse”.

Ma lo stesso professor De Carli riconosce che questa riforma non è stata attuata, certo per incapacità operativa delle Regioni stesse, ma soprattutto per una resistenza pregiudiziale della struttura statuale:

“Dopo il 2001 la volontà autonomista è molto scemata e la riforma ha stentato ad attuarsi anzi possiamo dire che è stata in molti aspetti apertamente tradita. Vediamo come. Sono stati ritardati e poi rinviati sine die i provvedimenti legislativi che dovevano attuare i trasferimenti di funzioni amministrative secondo il principio di sussidiarietà così che se il legislatore della riforma costituzionale del 2001 aveva dato più competenze legislative alle Regioni il legislatore ordinario statale poi ha omesso di darvi attuazione col trasferimento di molte funzioni amministrative ai livelli regionale e locale. Di più lo Stato legislatore e poi la Corte costituzionale hanno sistematicamente fatto intendere e inteso i “principi fondamentali” della legislazione in materia concorrente come quelli desumibili dalla legislazione statale vigente, in questo modo ponendo alla legislazione regionale una gabbia che la ha tendenzialmente ingessata sulla situazione normativa esistente. Inoltre la Corte costituzionale ha giustificato l’invadenza statale in materie anche di competenza primaria delle Regioni forgiando categorie e strumenti di centralizzazione delle competenza come il criterio della prevalenza per le leggi a cavallo fra materie, il criterio della competenza statale nel caso delle materie trasversali, il criterio della chiamata in sussidiarietà per il quale il principio di sussidiarietà giustifica movimenti ascensionali della competenza (dalle Regioni allo Stato), il criterio del coordinamento della finanza pubblica per le materie incidenti su problematiche economiche, ecc”.

(S) Già! Dai retta ad un professore e vedrai che la colpa è sempre di qualcun altro. La verità è che noi italiani in genere, figuriamoci i politici, rifuggiamo dalle responsabilità troppo pesanti e dai percorsi troppo lunghi e complicati, ci piacciono le scorciatoie. Guarda che il tuo esperto ad una tiritera già lunga finisce per aggiungere un ecc! Ci ho capito poco e questo mi autorizza a seguire un altro principio, quello di semplificazione. Il resto è utopia politica, come ha argomentato il direttore nell’editoriale della scorsa settimana, con la conseguenza che la democrazia più diventa complessa e consociativa, più diventa debole. Immaginate le conseguenze del NO vincitore: Il governo non verrebbe spostato più a sinistra, come vorrebbe la minoranza PD e (forse) il M5S, ma nemmeno cadrebbe, come vorrebbe il centrodestra, non essendoci una reale alternativa, alla Camera per il predominio di Pd e alleati vari, al Senato per mancanza di alternative a causa di una indomabile frammentazione.

(O) Stai scivolando fuori dal nostro tema, se autonomie e sussidiarietà siano un tema costituzionalmente rilevante, per tornare all’idolo della stabilità, da ottenersi con qualsiasi artificio elettorale e con una marcata sottomissione degli organi di garanzia al predominio dell’esecutivo eletto maggioritariamente. La mia preoccupazione principale è invece la frammentazione reale del Paese a seguito della vittoria del Sì: una molteplice frammentazione che avrebbe la massima espressione nella frattura 51/49, ma anche 55/45 e che solo un’imprevedibile vittoria 60/40 renderebbe sopportabile. Ci sarebbe un’altra frattura: quella tra regioni a statuto speciale, intoccabili nei loro privilegi ordinamentali e fiscali e regioni ordinarie, passibili di ogni censura quando non fossero allineate ai voleri del governo centrale e dei suoi intendimenti politici. Una terza frattura tra parlamento e società, che stenterebbe a riconoscersi nel parlamento di nominati, frutto dell’applicazione della nuova legge elettorale alle nuove strutture rappresentative.

(S) Ma tu dai per scontato che non venga modificato l’Italicum!

(O) Ovvio! Non credo proprio che verrà modificato sostanzialmente. Sarebbe per Renzi la peggiore sconfitta. Infatti non capisco perché abbia collegato le due cose fino ad ora e proprio ora mostri di poter modificare la legge elettorale. Penso che sia un bluff! Nessuno degli avversari ha carte tanto buone da poter ‘vedere’ e, proprio come al tavolo del poker, non possono mettere insieme tutti i propri giochi per farne uno vincente. Sono disposto a ricredermi se l’Italicum.2 darà sufficienti garanzie di pluralismo parlamentare. Ma il vulnus ad autonomie e sussidiarietà resterebbe.

(C) Temo che il nesso tra riforma elettorale e riforma costituzionale sia inscindibile. Sarebbe stato certamente meglio, sapendo che si preparava un ulteriore rafforzamento del sistema maggioritario, rafforzare insieme la rappresentatività pluralistica degli organi di garanzia, specie Corte Costituzionale e Consiglio superiore della Magistratura, invece di lasciarli in balia della maggioranza parlamentare, che non sarebbe necessariamente rappresentativa della maggioranza degli elettori. Ancor più critica è la figura del Presidente della Repubblica, la cui elezione diventerebbe facilmente una questione interna al partito di maggioranza, compromettendo la funzione strategica di equilibratore del sistema e di rappresentante dell’unità della Nazione.

Come procedere nella nostra riflessione, visto che ogni giorno che passa potrebbe portare grosse novità?

La prossima settimana Onirio potrebbe dare sfogo alla sua fantasia, presentandoci un progetto totalmente alternativo, da giocarsi nel caso di vittoria del NO e Sebastiano potrebbe sperare invece di smentirmi portando qualche prospettiva di un sistema elettorale modificato, che renda plausibile la rimonta del SI’ fino ad una convincente e non risicata vittoria. In ogni caso, l’osservazione di Sebastiano, che alla fine occorrerà un ‘giubileo’ di perdono reciproco, dovrà essere ricordata da tutti.

 

(S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti (C) Costante

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