L’Italia ha seguito un trend coerente, dopo il vertice sui cambiamenti climatici (Parigi dicembre 2015), in cui tutti i paesi (Italia inclusa) hanno preso un impegno solenne per ridurre le emissioni. Due settimane dopo il vertice, il primo ministro britannico ha preso l’iniziativa di estendere le licenze per l’estrazione di carbone, spiegando che in gioco erano 10.000 posti di lavoro. Poi è arrivato il momento dell’India per dichiarare che le licenze per le stazioni a carbone sarebbero aumentate, perché lo sviluppo del Paese viene prima dell’ambiente. Si è aggiunto il governo polacco che ha dichiarato di non avere intenzione di ridurre l’uso del carbone polacco, nel breve termine. Poi l’Ungheria ha fatto una dichiarazione simile, sul suo uso di energia fossile. Nel frattempo, nessuna iniziativa significativa per il controllo delle emissioni è stata annunciata dopo Parigi. E tutti i candidati repubblicani hanno annunciato che, una volta alla Casa Bianca, avrebbero dichiarati defunti gli accordi raggiunti a Parigi, dove Obama aveva giocato un ruolo cruciale.
Ma ora un difetto altrettanto cruciale sta emergendo. Nessun controllo di attuazione dell’accordo sarà fatto prima del 2030. Fino ad allora, ogni paese è responsabile dell’attuazione del proprio obiettivo, e anche per la verifica della realizzazione del suo impegno.
Sarebbe stato interessante vedere una filosofia simile adottata a livello fiscale. Ogni cittadino può decidere quante tasse si impegna a pagare, ed egli sarà responsabile fino al 2030 per verificare che sta mantenendo il suo impegno. Solo nel 2030 avranno luogo i meccanismi di verifica. E quei meccanismi non prevedono alcun rafforzamento o sanzione. Possono solo indicare alla pubblica vergogna coloro che non hanno mantenuto i loro impegni.
Bene, ogni settimana riceviamo i dati allarmanti su come il clima si sta deteriorando molto più velocemente di quanto pensassimo. Non sto parlando delle notizie ininterrotte sulle catastrofi naturali. Sto parlando delle grida di allarme che la comunità scientifica sta lanciando da tutto il mondo:
il 2015 è stato il quarto anno consecutivo che la CO2 è cresciuta più di 2 ppm.
Scienziati dicono di essere scioccati ed attoniti da “valori di temperature registrati dalla NASA per febbraio 2016 senza precedenti per febbraio 2016, di 1,65″ più alti di quelli dell’inizio del XIX secolo ed intorno a 1,9″ C più caldo rispetto al livello pre-industriale.
Ciò significa, dice il prof. Michael Mann, che non abbiamo alcun budget a disposizione per l’obiettivo di 1,5° e l’opportunità di mantenere i 2° C si sta dissolvendo rapidamente a meno che il mondo cominci a tagliare decisamente le emissioni immediatamente. Stefan Rahmstorf del Potsdam Institute of Climate Change Research dice che oggi siamo “in una sorta di emergenza climatica”.
Baher Kamal ha pubblicato una serie in due parti sull’impatto del cambiamento climatico sul Medio Oriente e sulla regione del Nord Africa, in cui risulta evidente come la regione potrebbe diventare in gran parte inabitabile entro l’anno 2040. Solo per fare un esempio, il Nilo potrebbe perdere fino all’80% del suo flusso. Bahrain, Kuwait, Libano, Palestina, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati sono ad altissimo rischio. Ma nelle stesse condizioni sono anche Algeria, Iraq, Giordania Libia, Marocco, Siria, Tunisia e Yemen.
Il dr. Moslem Shathout, vice presidente del Arab Union for Astronomy and Space, ritiene che i paesi arabi del Nord Africa sono i più ampiamente colpiti, dall’impatto dei cambiamenti climatici.
In altre parole, dobbiamo aspettarci una massa di sfollati, sulle sponde del Mediterraneo, e quindi dell’Europa. La categoria dei rifugiati da clima non esiste in alcuna normativa.
Mentre è un fatto che la popolazione europea era del 24% all’inizio del secolo diciannovesimo, diventerà del 4% alla fine dell’attuale. L’Europa perderà 40 milioni di persone che sarà necessario rimpiazzare con immigrati, per mantenere sia la produttività che il livello delle attuali pensioni.
Ma l’arrivo di soli 1,3 milioni di persone, due terzi giovani e istruiti, ha creato una massiccia crisi politica, che l’Europa deve sbrogliare.
I rifugiati climatici saranno di tutte le età, e molti provenienti dal settore agricolo, il più conservatore ed il meno istruito del mondo arabo.
I signori Renzi e Cameron, che per ragioni elettorali hanno giocato la carta di pochi posti di lavoro persi dall’industria fossile, hanno alcuna idea su come affrontare questo futuro imminente? Probabilmente no, ma a loro non importa. Questo problema non sarà tale durante la loro permanenza in carica… Quindi, il cambiamento climatico non è nell’agenda politica come una altissima priorità. E i media seguono gli eventi, non processi, in modo che nessun si allarmi; ancora, da un evento all’altro, una continuazione di disastri fanno una catastrofe… Allora, ognuno si renderà conto… Ma come si usa dire, Dio perdona, l’uomo a volte, la natura mai…
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