Incaricato da Silvio Berlusconi di “rinnovare” il centro-destra in Italia operando però al di fuori dei partiti che lo rappresentano, per molti aspetti Stefano Parisi, già candidato sindaco di Milano, è suo malgrado il simbolo della profonda crisi che attanaglia tale area. Mentre è assodato che la maggioranza del popolo in Italia si colloca stabilmente su posizioni di centro-destra, per lunghi periodi le lotte interne e la mancanza di visione dei politici dell’area hanno aperto la via a governi di centro-sinistra. Silvio Berlusconi, che ha appena celebrato i suoi ottant’anni, di tale paradosso è una testimonianza lampante.
Dal punto di vista di quella maggioranza di centro-destra di cui si diceva, mai però le cose sono andate così male come oggi. L’età e la salute non consentono più a Berlusconi di svolgere in prima persona quel ruolo di leader dell’area che bene o male aveva comunque ricoperto per circa vent’anni. Oltre a non aver fatto la riforma social-liberale che aveva promesso ai suoi elettori, Berlusconi non ha però nemmeno preparato alcuno a succedergli. Nel tentativo adesso di rimediare alla catastrofica battaglia dei topi e delle rane che ne è derivata in Forza Italia e nei partiti suoi satelliti, mettendo in scena Stefano Parisi ha scelto finalmente un successore come piace a lui: qualcuno cioè che innanzitutto non possa fargli ombra. Berlusconi in realtà non vuole affatto un successore. Vuole soltanto un luogotenente. In Parisi si è convinto di avere perciò trovato la persona giusta: un ottimo tecnico, ben addentro alle segrete cose del proverbiale Palazzo, ma senza alcun carisma.
Parisi, “romano de Roma”, la città dove nacque nel 1956 (anche se a Milano sta molto attento a non parlare con l’accento del Lazio), è un alto funzionario ministeriale che ha fatto la sua carriera sotto l’égida del Psi, il Partito Socialista di Bettino Craxi, cui aveva aderito sin dagli anni dell’università. Dopo essersi laureato all’Università La Sapienza di Roma in Economia e Commercio, Parisi va a lavorare all’ufficio studi della Cgil, in quota socialista. Dal 1984 al 1997 è alto funzionario a Roma in diversi ministeri e alla presidenza del Consiglio dei Ministri finché appunto il nuovo sindaco di Milano, Gabriele Albertini, lo chiama nella metropoli lombarda come direttore Generale del Comune.
Nel 2000 torna a Roma come direttore generale della Confindustria mentre dal 2004 in avanti lo ritroviamo nel medesimo settore che l’aveva visto direttore generale del ministero delle Poste e Telecomunicazioni all’epoca dell’apertura del mercato della telefonia mobile. Questa volta però, per così dire, dall’altra parte della barricata: come amministratore delegato di Fastweb, una delle prime società private italiane sorte nel settore. Quando nel 2007 Fastweb viene ceduta a Swisscom, Stefano Parisi mantiene per qualche anno lo stesso ruolo anche nella nuova società. È dal 2012 alla guida di Chili Tv, una società che si occupa della diffusione di film in “streaming”, quando all’inizio di quest’anno, con il determinante sostegno di Berlusconi, si candida come sindaco a Milano per il centrodestra. Per pochi voti viene battuto da Beppe Sala, ex-direttore generale di Expo 2015 e candidato del PD di Matteo Renzi.
Gli scorsi 16-17 settembre, nel suo nuovo e arduo ruolo di “rinnovatore” del centrodestra in Italia, Parisi ha presieduto a Milano, in un centro congressuale appunto sito in via Watt, la prima “Megawatt”: la prima cioè di una serie di “convention” con cui intende raccogliere «Idee per riaccendere il Paese». Le prossime tappe del tour saranno nel Sud. Obiettivo: disegnare “una piattaforma politica e programmatica per un centrodestra liberal-popolare che si candidi a governare l’Italia”. A giudicare dal gelo con cui i “colonnelli” dei partiti di centrodestra stanno accogliendo l’iniziativa c’è da credere che la sua non sarà di certo una facile impresa.
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