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Cultura

VARESE? È UN PO’ NEW YORK

ELISABETTA BRUNI - 30/09/2016

 

La vita della città con le sue luci e le voci, quelle dei personaggi che ne popolano le strade, e la pioggia che mette allegria e ricolma le pozzanghere con riflessi di nuvole dentro cieli cobalto. Lo sguardo che l’osserva si fissa sugli ampi portoni, sulle insegne al neon, scorre per l’antico corso dove resistono le travi vecchie delle botteghe di un tempo rimaste nella storia: storia ufficiale, per intenderci, raccontata nelle cronache del Borri e dell’Adamollo, ammalati, tutti e due, di amore per Varese, la loro città.

Là dove s’ appunta l’occhio di chi osserva, armato di penna o di pennello che sia, scrittore o pittore, la vita non si ferma mai. A volte, come scriveva Piero Chiara, cova sotto la cenere. Oppure va e ritorna in un ciclo ininterrotto, quasi scorressero attimi, anziché anni, tra un’esistenza e l’altra, tra generazioni che mettono i loro passi, senza saperlo, dove altri li hanno preceduti nella ripetitiva quotidianità.

A suggerire e narrare il magico connubio tra pittura e vita urbana, tra presente e passato, tra memoria visiva e parola scritta, persino tra toponomastica e Storia, ė la rassegna dell’artista Francesco Murano “Strade di Varese”, presentata da Serena Contini e promossa e allestita dal Comune di Varese, con la collaborazione della Società Storica Varesina presieduta da Giuseppe Armocida, in occasione delle celebrazioni per i duecento anni della città, a Villa Litta Modignani (Villa Mirabello).

Dopo l’introduzione del sindaco Galimberti e gli interventi degli altri relatori, a richiamare l’interesse sui nomi delle strade è stata la conferenza di Massimo Lodi, coautore nell’’89 con Luisa Negri di un’ampia e complessa ricerca sugli intestatari delle vie varesine promossa dal Comune di Varese, tradottasi in una pubblicazione realizzata da ASK.

Ma se il cronista, per risultare più gradito, deve cercare di infondere il colore nelle parole, chi dipinge ha dalla sua impensabili varianti: come il gioco cromatico che si sprigiona dalla tavolozza e la diversa luce che il gesto della spatola, o del pennello, imprime sulla superficie dell’opera.

Classe 1961, varesino d’adozione, artista noto e premiato, “combattuto” tra realismo e poesia narrativa, celebre anche per le sue montagne “che sembrano vere” Francesco Murano ha saputo restituire, a chi, vissuto da sempre nella città, l’ha vista fiorire e sfiorire, la visione magica e allegra di anni formidabili.

Osservando le opere di Murano, chissà per quale alchimia, è sembrato ad alcuni di rivedere nella Varese di oggi che lui ha descritto, nei suoi vivaci oli e acrilici come nei delicati acquerelli, l’anima della Varese allegra e in crescita degli anni Sessanta: quando il colore era di nuovo colore, quando la vita offesa dalla guerra era rifiorita negli anni “americani” del boom, delle nuove automobili, delle nuove insegne e luci che avevano ricacciato per sempre il buio e riacceso il gusto della vita.

Chi era presente all’inaugurazione della mostra ha respirato quest’atmosfera, ha visto, anzi rivisto quelle immagini rimaste nel cuore da anni. Quando la pioggia non bagnava ma illuminava il selciato, rifletteva la luce calda delle macchine, e schizzava attorno allegria.

La via Volta, la via Manzoni, la Piazza Monte Grappa illustrate da Murano nello scintillio di una metropoli in miniatura che crede di essere New York, non è fedele riproposizione della Varese dei nostri migliori anni? E quei palazzi degli anni Trenta imponenti sulla via Marcobi e la piazza Monte Grappa non sembrano forse sagome familiari, morbide e addomesticate, ormai acquisite alla quotidiana affettività?

Così come quel cielo riflesso nella fontana dei Giardini Estensi, di fronte all’edificio del Palazzo comunale – l’antica dimora del duca, Francesco III d’Este, legato alla casa d’Austria, eppure capace di farsi amare dai suoi cittadini – quel cielo riproposto da Murano con accenni alla Monet, non è forse una visione, bella e intrigante, di ritrovata freschezza e poesia?

Chissà se l’artista ha sentito di averci restituito immagini d’affetto che davamo smarrite per sempre, nel dilagante disordine urbano, nell’assedio dei motori, nella mancanza di attenzione per la città e tra i suoi abitanti?

Murano ha riconsegnato, a chi l’aveva persa, questa visione serena, questo realismo irradiato di poesia che solo occhi nuovi sanno vedere.

Ci ha prestato, come spesso gli artisti fanno, il suo sguardo.

Ci ha ridato, in questo viaggio breve ma intenso- a tratti di alta levità descrittiva- i nostri occhi di bambino.

Che dirgli? Grazie è poco.

La speranza è che questa immagine offertaci dall’artista, di una città ringiovanita, non perché truccata sotto strati di belletto, ma perché forse ha ritrovato il suo sorriso, sia destinata a rimanere così, come in quel cielo alla Monet, nel tempo. E nel cuore di chi non ha mai smesso di volerle bene.

Francesco Murano

“Strade di Varese”

Musei civici di Villa Mirabello

fino al 3 ottobre

dal martedì alla domenica

9.30-12.30/ 14-18

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