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Sport

DA GIOVANNI A GUIDO

ETTORE PAGANI - 16/09/2016

Giovanni e Guido Borghi

Giovanni e Guido Borghi

Non sono in molti a  conoscere la vicenda varesina di Sandro Vitali  recentemente scomparso all’età di 82 anni. Una vicenda di particolare importanza perché diede il via al passaggio della  direzione sostanziale del Varese Calcio dalle mani  di Giovanni Borghi a quelle del figlio Guido. Un passaggio non formale ma letteralmente determinante sotto  il profilo tecnico e dirigenziale.

Le cose andarono così. Giovanni Borghi, sempre più  immedesimato nella vicenda sportiva  varesina, decise di chiamare alla  guida manageriale del Varese Calcio, Alfredo Casati fino a quel momento impegnatosi in campo cestistico a reggere il Simmenthal tradizionale avversario cestistico dei colori varesini.

Casati aveva retto con maestria enorme  le sorti della società milanese guidata in panchina da Cesare Rubini e da Sandro Gamba ma in tutti i rapporti societari (soprattutto prezioso quella con la Federazione) da Casati.

Il passaggio dal basket al calcio non creò neanche il  minimo dubbio nella mente del “Cumenda” stante la risaputa validità delle  doti organizzative del nuovo incaricato.

In effetti Casati si mise subito all’opera dimostrando le sue capacità. Venne, comunque, il momento in cui Giovanni ritenne di affidare a Guido la cura delle vicende della squadra di calcio. E questo momento ebbe fine il regno di Casati il quale fu sostituito, per volere di Guido, da Sandro Vitali. Il passaggio fu brusco e turbolento con vibrate discussioni tra i due che sfiorarono il venire alle mani.

In effetti il cambio non si registrò in conseguenza di incapacità di Casati ma dalla decisione di Guido Borghi di dare una svolta all’impronta della squadra per fare largo ai giovani del vivaio rispetto a una formazione che contava nelle sue file nomi già affermati provenienti un po’ da tutte le parti.

Per l’operazione Guido ritenne più indicato il giovane Sandro (che era già stato presente nella squadra biancorossa come giocatore) e lo stupore generale fu  abbastanza sensibile. Basti dire che alla “squadra di grossi nomi” ebbe a succedere una formazione di ragazzini.

La cosa parve macroscopicamente sbagliata e il primo a definirla tale fu proprio chi adesso  scrive che  spedito dalla Gazzetta dello Sport a redigere  la cronaca di un’amichevole del Monza (che  per il campionato a venire si era imbottito di grossi nomi) chiaramente  parlando con Vitali disse che non esistevano speranze perché la sua squadra di “bambini” potesse ben figurare nel campionato di serie B.

Si dette il caso, però, che i “bambini”  portavano nomi che andavano da Gentile a Cresci, Massimelli, Gorin, Calloni,  Marini,  Libera  solo per citarne alcuni che si rivelarono  autentici campioni  sicuramente con l’aumentato rendimento per essere cresciuti  calcisticamente insieme così che in campo si trovavano  a occhi chiusi.

Chi rimase, invece, a occhi spalancati fu chi oggi scrive incappato in un errore di valutazione aggravato dall’avere   definito nel raffronto con i giovani biancorossi uno squadrone il Monza che non rivelò  nulla di buono.

L’attenuante, però, era di tutta evidenza perché proprio  nessuno avrebbe azzardato un pronostico tanto benigno da non far minimamente rimpiangere i super quotati delle formazioni precedenti.

Anche perché più che sufficientemente quotati furono i “bambini” che a squadroni con grande beneficio delle casse del Varese di Guido Borghi e con la valutazione definitiva di Sandro Vitali passato addirittura al Milan con il compito di direttore sportivo.

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