Vogliono abbattere la ciminiera di via Pisacane a Busto Arsizio. A mio modo di pensare si sbaglia a permettere questa azione. Ho quindi scritto al sindaco di Busto Arsizio (e per conoscenza ai sindaci dei comuni di Varese e Gallarate) per chiedergli di fermare quell’emorragia consistente nella continua distruzione delle testimonianze dell’archeologia industriale, ammessa per incredibile noncuranza nel comune di Busto, così come nei vicini comuni di Gallarate e Varese. In tutti questi, restano sempre meno reperti di quella che è stata una epopea per i varesini davvero favolosa e chiedo che il sindaco di Busto Arsizio mi aiuti (in una operazione con gli Amici della Terra che rappresento) a incorniciare per le future generazioni.
Un’epoca fiorente e di sviluppo, questa, in cui si sono create industrie che hanno dato lavoro a migliaia di varesini; sono state costruite case per dare alloggio agli operai, ai datori di lavoro e alle loro famiglie; sono state realizzate attività legate alla moda, all’educazione dei più piccoli (scuole e asili) e alla cultura (musei, raccolte d’arte libri e musiche).
La cultura, insomma, è divenuta, in questo periodo, un fattore fondamentale di coesione progettuale e di competitività, capace di generare flussi di valore economico sia per le imprese sia per i territori che hanno deciso con lungimiranza di investire su di essa.
Ciò è palese nei diversi, approfonditi contributi dati nel tempo: a Varese (auspici la Camera di Commercio e Università popolare) da Carlo Segre e da Renata Castelli e a Busto Arsizio da Giovanni Ferrario.
Anche le diverse scuole, come ho scritto al sindaco, dovranno, per suo impegno primario, studiare questa epoca in cui si sono mischiate estro istituzionale, capacità dei singoli imprenditori, creatività professionale e in cui si sono fatte opere capaci di propagare emozioni che perdurano ancora oggi, dimostrando la regione del proprio sussistere.
Proponendogli così di potere ascoltare le mie proposte, gli ho chiesto di essere il fautore della presentazione di un apposito bando Cariplo intercomunale attraverso il quale si possano incamerare i fondi necessari a poter realizzare quanto propongo.
A lui, come ho scritto, starebbe comunque il compito di ascoltare i sindaci dei Comuni di Varese e di Gallarate, che hanno letto delle mie parole solo per conoscenza, perché anche loro possano diventare parte attiva di questo progetto.
Di quest’epoca, assolutamente fiorente, e che ha visto il nostro territorio ai vertici nazionali e mondiali, restano sempre meno testimonianze e servono urgenti misure (che spettano primariamente alla politica) per una loro tutela nonché valorizzazione.
Gli ho così proposto di poter dare impulso a una iniziativa innovativa volta a realizzare nel territorio un percorso culturale per turisti locali e non. Percorso che possa legare alberghi, ristoranti e altre attività commerciali. Non quindi un’attività che possa dirsi ferma ma invece un progetto del tutto vivente e destinato a produrre innovativi risultati a seconda dell’interesse (culturale o economico) attraverso il quale viene considerata.
Sta di fatto che, come gli ho scritto, diventi ora necessario, perché possa essere realizzato quanto sopra, che lui si assuma la realizzazione di un compito volto a impedire che venga realizzata la distruzione della ciminiera di Via Pisacane a Busto Arsizio. Distruzione che potrebbe avverarsi in breve tempo, realizzando così un’opera nefasta che rischia di diventare immemore del passato e legata solo a esigenze speculative.
Questa ciminiera è stata costruita con maestria e abilità da squadre specializzate con laterizi di particolari forme e tipologia. Le ciminiere arrivavano a una altezza anche superiore ai 20 metri ed i loro corpi cilindrici si rastremavano elegantemente verso l’alto.
Oggi, tali preziose testimonianze di un’epoca d’oro, nella città di Busto Arsizio, gli ho scritto nella lettera, come si siano numericamente molto ridotte: l’ultimo censimento ne identifica solo 17, sparse sporadicamente su tutto il territorio comunale.
A lcune sono state tagliate e ridotte in altezza, altre svettano ancora nella loro interezza. Alcune fanno ancora parte di complessi industriali, ancora attivi o dismessi, altre sono state doverosamente conservate e recuperate e fanno ormai parte dei “monumenti” cittadini. Ma tutte loro sono degne di essere considerate quali “landmark” significativi, frammenti di archeologie industriali sopravvissuti al loro tempo, veri e propri beni culturali da tutelare.
Rimarcare la loro importanza non solo per la città ma, come detto, per la Provincia tutta, è una sfida all’indifferenza e alla speculazione che ancora oggi le mette a rischio. Farle conoscere ai cittadini di domani, ho concluso, è un auspicio affinché l’Amministrazione comunale di Busto Arsizio possa riconoscere ufficialmente le vestigia dell’archeologia industriale, come veri e propri monumenti storici da tutelare, legati al duro lavoro di generazioni di nostri concittadini.
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