È interessante nella lettera che Beppe Grillo ha scritto al Corriere della Sera alcuni giorni fa una osservazione relativa ai limiti della politica. Scrive il leader di 5 Stelle: “La perfezione che viene chiesta è una forma di ‘benpensantismo autoassolutorio’… La perfezione è una proprietà che può essere solo sognata… Che esiste per alcuni istanti… La sua ossessiva richiesta è un alibi per poter dire ai propri figli, vedete questo mondo non si può’ cambiare..”.
Thomas Eliot scriveva un secolo fa: “Perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa? Perché dovrebbero amare le sue leggi? Essa ricorda loro la Vita e la Morte, e tutto ciò che vorrebbero scordare. Ricorda loro il Male e il Peccato, e altri fatti spiacevoli. Essi cercano sempre d’evadere dal buio esterno e interiore sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono”.
L’estremo ideale di questo mondo è creare un mondo di automi perfetti. Non a caso l’allora cardinal Ratzinger si preoccupava di definire i confini della politica “nell’arte della ricerca del compromesso”.
Scendendo dai principi alla loro traduzione nella pratica e con lo stesso realismo, la Chiesa romana non ha mancato di bacchettare recentemente Virginia Raggi per una serie di incertezze, cambi di rotta, reticenze se non anche bugie, che hanno caratterizzato i primi novanta giorni della sua giunta. Senza addentrarsi troppo in e-mail non lette, dimissioni provocate ad arte, lunghe riunioni dei vari direttori, dissapori latenti nel movimento (poca cosa se paragonate alla voragine di problemi irrisolti che le disastrose giunte di destra e di sinistra hanno lasciato nella capitale, questo sì il vero scandalo) quello che ha colpito negativamente nella vicenda è una sorta di inesperienza governativa nei primi passi della giunta che non lascia ben sperare per il futuro.
Virginia Raggi il 19 giugno ha vinto con il 67,2 per cento dei voti. Un dato democratico altissimo. E lo ha ottenuto con il suo partito grazie a una puntuale politica di opposizione, a una presenza nei quartieri attenta a segnalare i problemi dei cittadini, a un continuo richiamo all’onestà contro la corruzione. Ora che è al potere è in grado di tradurre in atto di governo questa cultura?
Il Movimento Cinque Stelle ha al suo interno una classe dirigente in grado di affrontare i problemi della città? Non bastano i dibattiti sul web. Più dibattito sul disavanzo strutturale e meno sulla forma.
Tra i tanti mali di Roma (di cui i lettori di questa rubrica su RMFonline sono bene a conoscenza) scelgo un esempio a caso: trasporto pubblico.
Atac, l’azienda municipalizzata, è tecnicamente fallita. Cioè il valore del suo patrimonio e degli introiti è stato superato da quello del debito. Dal 2008 al 2015 ha avuto perdite per 1 miliardo e 200 milioni. Nello stesso periodo ha ricevuto soldi pubblici (cioè nostri) per quasi 5 miliardi. Ogni anno registra perdite per 1100 milioni di euro a fronte di entrate per 260 milioni. Il 51 per cento dei costi viene assorbito dagli stipendi di 11.000 dipendenti. I costi del carburante di tutti i mezzi per un anno ammontano a 48 milioni di euro, quelli per il personale 11 volte di più.
Che cosa farà il nuovo amministratore delegato? Quali le linee della giunta? Privatizzazioni? Dismissione dei rami secchi? Licenziamenti? Libri in tribunale e una nuova azienda? Da risposte di buon governo i romani valuteranno la giunta. Per ora l’unica scelta individuata è stato il taglio di 3800 corse in città: quasi duecento autobus in meno in circolazione soprattutto nelle periferie. Mentre Roma discute, Sagunto… brucia.
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