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Opinioni

CAPPUCCETTO ROSSO SANGUE

ANNA MARIA BOTTELLI - 09/09/2016

siriaLe numerose brutte notizie che questa estate ci ha offerto non hanno purtroppo escluso il mondo dell’infanzia, che anzi sembra sia stato colpito con particolare veemenza. Un’immagine televisiva di qualche settimana fa ci mostrava un bambino con un vestitino rosso, una specie di mantellina svolazzante che ricordava Cappuccetto Rosso. Il piccolo, piangente e spaventato, correva lontano dal “lupo-bomba” per volare tra le braccia di una “nonna” particolare, uno dei tanti Caschi Bianchi, che in Siria stanno svolgendo un lavoro di volontariato davvero eroico.

Chissà che ne sarà di lui: troverà i suoi genitori, o i suoi fratellini, verrà adeguatamente curato, vestito, rifocillato?… Quante domande senza risposta! La guerra purtroppo non lascia scampo, non solo per le lacerazioni del corpo, ma anche per le ferite dell’anima. Durante la crescita nulla di queste enormi sofferenze si cancella, difficile pure l’elaborazione di esse, quando vengono meno i bisogni primari di cui gli affetti parentali sono il cardine.

Questa terza guerra mondiale che si presenta a qualunque latitudine, ricorda – a me per sentito dire – le tante sofferenze legate al secondo terribile conflitto mondiale vissuto anche da noi, dai nostri genitori o fratelli maggiori. Alle tante domande da me rivolte in casa o fuori a conoscenti e amici sull’argomento, la risposta colta in parecchie circostanze fu – o è – il silenzio, che non significava o significa ancora la negazione degli eventi in modo superficiale, ma il desiderio di elaborare tanta sofferenza attraverso il raggiungimento di un bene primario quale è la pace. Della paura delle bombe, degli allarmi richiamanti la popolazione a scappare nei rifugi, delle ristrettezze economiche e di tanti altri brutti ricordi non si vorrebbe più parlare.

Ma purtroppo nel mondo o ancor più vicino a noi nel Mediterraneo, non è proprio così e allora ecco un altro silenzio ora particolarmente carico di lacrime: è l’espressione attonita e amimica del viso insanguinato di Omran, il piccolo siriano di cinque anni la cui immagine ha fatto il giro del mondo. La sua tenera manina appoggiata al capo con un ciuffo di capelli che forse sono biondi o forse castani, ma ora ricoperti di polvere, è come se dicesse a sé stesso e a noi: quanti pensieri strani oggi… ma questo non è un gioco… sento solo urla e sirene… vedo poco ma solo da un occhio… perché l’altro… mi sembra di avere un occhiale strano.… tutto rosso… mi sento diventato grande… non posso piangere… cosa direbbe il mio fratellino Alì appena potrò incontrarlo… lui è più grande di me… anch’io sono stato bravo… e io alla mamma e al papà dirò che voglio essere come lui…

Ma poi sappiamo tutti noi che l’incontro non potrà più avvenire perché Alì è già tra gli angeli. Con lui decine e decine di bimbi negli svariati scenari di guerra e in molti altri ambiti. Difficile dimenticare il piccolo Aylan riverso sulla riva del mare… cullato dalle onde in un sonno senza fine… o tutti quelli della strage di Nizza, le loro carrozzine vuote, i pupazzi sparsi ovunque, le scarpette spaiate e i loro corpicini martoriati dalla follia jihadista. Ma come dimenticare anche quei bambini che per cause accidentali – diciamo così – sono stati azzannati dai cani o quelli abbandonati in auto perché magari silenziosamente dormivano… in autogrill mentre tutti i componenti la comitiva risalivano in auto… E gli annegati, sempre accidentalmente o le vittime da incidente stradale… L’elenco delle cause è tristemente lungo cui si associa più recentemente il rapimento in spiaggia – per fortuna non riuscito – di una bambina o, il caso davvero terribile del kamikaze – adolescente, in Turchia.

Pur ammettendo, lo ribadisco, la causalità accidentale di alcuni eventi sopracitati, ascoltandone o leggendone le notizie circostanziate non posso non suggerire a ogni genitore che il bambino non è un soggetto autonomo, va seguito e accompagnato direi quasi ossessivamente perché la sua fantasia unita a una abbondante dose di curiosità – soprattutto in luoghi nuovi da esplorare – non gli permette di vedere il pericolo, che peraltro ancora non conosce. Ogni piccola disattenzione dell’adulto, ogni atteggiamento superficiale rischiano di trasformare un momento di gioia in un dramma senza fine.

Ricordo a questo proposito quanto mio papà vigilasse e mettesse in guardia tutti noi figli allontanandoci dall’ impastatrice del panificio, che suscitava ovviamente il nostro interesse con i suoi possenti bracci rotanti e avvolgenti la morbida e profumata pasta del pane. Allora si ubbidiva più facilmente, ora i bambini faticano ad accettare i “no”, si ribellano con maggiore facilità. Indubbiamente un’educazione più permissiva va bene, non disgiunta tuttavia da attenzione e controllo costanti.

La società evolve, anche i bambini sono tecnologicamente capaci di cose impensabili vent’anni fa, ma non conoscono, proprio per loro mancata esperienza, i limiti e i pericoli di ciò che vogliono esplorare. Ogni passaggio di crescita significa maturazione e raggiungimento di consapevolezza a più livelli: il rischio di farsi male, il pericolo in agguato quando meno te lo aspetti ecc. ecc. si apprendono gradualmente con l’attenta sorveglianza familiare. Ma anche i genitori o i nonni devono imparare a motivare, spiegando ogni volta, i vari “no” in modo che il “ dialogo pedagogico” serva non solo a crescere, ma a crescere bene senza rischi. Sono convinta che, per ciò che alle nostre latitudini possiamo evitare nei confronti dei bambini, siamo tutti capaci, impegnati e coinvolti… ma purtroppo ci sono gli eventi bellici imprevedibili, più difficili da arginare, perché legati a cause non facilmente comprensibili già dagli adulti, figuriamoci da un inerme bambino.

Oppure – e la notizia mi giunge mentre sto configurando questo articolo – il terribile terremoto del centro Italia con un’altra angosciante strage di innocenti. Al sangue si aggiungono polvere e ancora silenzio, quello assordante della morte nel sonno, magari in vacanza, in luoghi ameni e apparentemente fuori dal tempo. Così in questa estate buia per piccoli e grandi, unico pensiero – e mi viene in mente Padre Turoldo con il suo Coraggio di Sperare - è che davvero una Mano Superiore allontani gli attuali pericoli e ridia pace e serenità al mondo intero. E proprio con Turoldo – a proposito di silenzio – vorrei chiudere queste mie riflessioni sulla infanzia sofferente, proponendo la sua bellissima poesia O INFINITO SILENZIO sintesi – come suggerisce Ermes Ronchi – dell’anima e della carne di Turoldo, un condensato delle sue emozioni e della sua fede.

Signore, per Te solo io canto
onde ascendere lassù
dove solo Tu sei,
gioia infinita.
 
In gioia si muta il mio pianto
quando incomincio a invocarTi
e solo di Te godo,
paurosa vertigine.
 
Io sono la Tua ombra,
sono il profondo disordine
e la mia mente è l’oscura lucciola
nell’alto buio,
 
che cerca di Te, inaccessibile Luce;
di Te si affanna questo cuore
conchiglia ripiena della Tua Eco,
o infinito Silenzio.
 
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