Il Comune di Induno Olona, attraverso l’attuazione di un programma integrato di intervento, è divenuto proprietario della Torre della Pezza.
Il monumento, di grande importanza storica e per il patrimonio culturale collettivo indunese, verrà recuperato con un restauro conservativo e inserito all’interno di un parco pubblico da cui si accederà, tramite un nuovo percorso pedonale alberato, dalla via Porro.
Per raggiungere questo fine il Consiglio Comunale di Induno ha deciso venisse pagato un prezzo che per essere quantificato, secondo me, avrebbe meritato un dibattito più ampio, approfondito e alto di quello tenutosi nell’aula consiliare.
Il prezzo è, infatti, consistito nella costruzione di nuovi fabbricati ad uso residenziale. Sarebbe stato necessario e opportuno che venissero sperimentate strade, anche tortuose, di cui non ho però letto. Mi spiego: il territorio vergine è sempre più una rarità ed è troppo semplice per un comune concedere ad un privato l’edificabilità di un territorio. Il Comune prima di permettere di costruire avrebbe potuto battere la strada del recupero di un edificio già esistente. Avrebbe potuto sentire e mettersi d’accordo con altri comuni che hanno beni similari e realizzare così un sistema. Lo stesso (quando attivato), avrebbe potuto recuperare i fondi necessari a valorizzare il bene storico.
In passato, abbiamo già criticato il Comune di Arcisate quando, dovendo recuperare un’opera storica (fornace), aveva deciso non di realizzare un circuito culturale (secondo un progetto realizzato dal Professor Armocida dell’Università dell’Insubria e in base ad indirizzi da noi procurati) promuovendo un sistema, ma piuttosto di consentire soltanto una ristrutturazione dell’immobile in loco. Sono certo che se il Sindaco di Induno Olona fosse chiamato a rispondermi, mi accuserebbe di essermi mosso con grave ritardo e che i tempi per poter intervenire sono già abbondantemente scaduti; mi direbbe che la perequazione eseguita è perfettamente legittima.
Non ho dubbi in merito. Ritengo, però, che sia un importante dovere mio, fare un atto di testimonianza di un principio che può valere per il futuro e comunque per altri comuni che dovessero agire allo stesso modo del Comune di Induno Olona o di quello di Arcisate.
Nel momento in cui si dovesse procedere in un modo simile ritengo giusto che Il Comune avvisi le associazioni ambientaliste iscritte presso il registro provinciale di volontariato. Sarebbero cinque lettere, certamente non difficili da scrivere e spedire. Perché dover informare le associazioni ambientaliste? Queste svolgono un’attività nello spirito della vigente Costituzione italiana e nell’interesse del corpo sociale amministrato dallo Stato. L’Associazione Amici della Terra (di cui sono Presidente pro tempore) è poi tra quelle che lo Stato ha voluto riconoscere con apposita Legge. Della necessità che ci sia un coinvolgimento del terzo settore interessato, basti come prova l’articolo 22 del Nuovo Codice degli Appalti che al Comma uno così dice:
“Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblicano, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulla città o sull’assetto del territorio, nonché gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. I contributi e i resoconti sono pubblicati, con pari evidenza, unitamente ai documenti predisposti dall’amministrazione e relativi agli stessi lavori “.
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