L’esortazione apostolica Amoris Laetitia (AL, 19 marzo 2016, pubblicata l’8 aprile scorso) intende recepire quanto discusso e maturato nei due Sinodi sulla famiglia dell’ottobre 2014 e dell’ottobre 2015. In merito allo scottante problema della comunione da impartire anche ai divorziati risposati il testo si riferisce, come a soluzione, a un discernimento pratico davanti a una situazione particolare, che non può essere elevato al livello di una norma (n.304).
Nessuna ossessione formalistica al riguardo. Nessun richiamo a un modello stereotipato e omogeneizzante. Nell’infinita varietà delle situazioni concrete, in tempi di individualismo disgregatore, il Papa è rivolto soprattutto alla dimensione profondamente evangelica della cura, della misericordia. Si preoccupa di accompagnare, integrare, di non abbandonare, escludere e lasciare soli i fedeli di fronte alle mille difficoltà del vivere in una società pienamente secolarizzata, che mette in crisi ogni principio di legami interpersonali, di comunione. Le famiglie non vanno mai astratte dal contesto in cui vivono, operano (cap.II).
Il loro poi non è un affare privato, che si neghi a precisi risvolti politici e sociali, mentre si accusa tutto il disinteresse, che la classe dirigente riserva a questa istituzione fondamentale.
Nel contempo il paradigma offerto è quello del matrimonio cristiano, riflesso dell’unione tra Cristo e la sua Chiesa, inteso come dono reciproco ed esclusivo in libera fedeltà, destinato anche alla trasmissione della vita e concepito come sacramento. Al contempo però il Papa intende mettere in luce anche altre realizzazioni analoghe, ma parziali, che contengono e manifestano, nonostante tutto, elementi costruttivi.
L’amore è in modo particolare un processo di crescita, onde il concetto papale di discernimento dinamico. Questo contempla la capacità di esercitare la propria libertà nel prendere decisioni, identificando i mezzi per raggiungere il fine. L’unica incertezza riguarda i mezzi. Ci si muove, dalla preghiera all’azione, attraverso le passioni, ma anche queste vanno utilizzate come strumenti, superando l’aurea mediocritas, per tendere al meglio.
L’esercizio della libertà è tutto calato in situazioni concrete, che pongono vincoli e condizionamenti. Va trasceso sempre il confine della logica legalistica, non ci si può fossilizzare sulla norma. È la gioia del Vangelo che ci deve ispirare con il suo senso di pienezza e realizzazione, nella consapevolezza in ogni momento di avere dato tutto.
È in gioco la centralità della coscienza, in cui risuona la voce di Dio. La teoria, messa sempre in crisi dalla pratica, deve essere riformulata in modo adeguato. Tutto nella tensione verso il compimento escatologico della promessa. Così lo sguardo è tonificato dalla magnanimità e il cammino storico è relativizzato.
Purtroppo la recente legge sulle unioni civili non incoraggia un’adeguata valutazione del matrimonio e non riflette la priorità del sostegno da dare alle famiglie, tormentate anche dalla crisi demografica (preoccupante il calo delle nascite nel 2015, appena 488.000). Giustamente si parla di una legge strabica, che richiederà interventi costanti dei giudici in un contenzioso continuo. Sembra un primo passo verso l’assimilazione dell’unione tra persone della stesso sesso al matrimonio di cui alla Costituzione. Comunque al centro dell’interesse non può stare il diritto al bambino, anziché quello del bambino ad avere, per adozione, l’opportunità di un’educazione confacente alla sua dignità.
You must be logged in to post a comment Login