Alla vigilia di un compleanno importante, i primi trent’anni di attività, il Cav (centro di aiuto alla vita) del Medio Verbano si permette un bilancio del lungo cammino fatto, citando proprio il messaggio dei vescovi italiani per la XXXIV Giornata per la vita: “La vera giovinezza risiede e fiorisce in chi non si chiude alla vita… dono a volte misterioso e delicato”. E sono davvero giovani – almeno nel cuore, aperto alla vita nascente – tutte le mamme che si sono rivolte alle volontarie del centro in questi anni per cercare aiuto in una scelta difficile e controcorrente: fare nascere un bimbo che arriva inaspettato, magari dapprima non desiderato, o semplicemente troppo oneroso da mantenere e da crescere. Vi arrivano, queste donne spesso disperate, per un passaparola, o su indicazione di un’assistente sociale, di una conoscente, di un parroco; o per un volantino che si sono trovate tra le mani per caso (o per grazia…).
I numeri – dal 1983 – crescono costantemente. Pochi casi all’inizio, poi una ventina di assistite, poi le famiglie da aiutare diventano cinquanta, sessanta ogni anno, fino ad arrivare all’ultimo traguardo: novantuno gruppi famigliari accolti e accompagnati in vari modi. Tra questi, una trentina le donne che sono approdate al CAV prima del parto, e ben trentotto i fiocchi azzurri e rosa appesi alle porte del centro solo nel 2011. “Sì, la crisi si fa sentire – riconosce Pinuccia Bodini, presidente dell’associazione da molti anni –: ancora oggi le donne aiutate sono in maggioranza straniere, due terzi del totale. Ma stiamo notando che le situazioni più problematiche, legate alla mancanza di lavoro, alla solitudine, alla fragilità psicologica e di relazioni, appartengono alle donne italiane. Anche perché in questi ultimi tempi le famiglie straniere che non riescono a inserirsi nella nostra società – è un dato assolutamente nuovo per noi – sempre più spesso cercano di tornare al paese di origine”.
Il modo di lavorare e di intervenire, per le oltre venti volontarie che sostengono oggi l’opera del CAV, si è modificato nel tempo: “Siamo sempre più in contatto e in collaborazione con gli altri Centri di aiuto alla vita, con i Comuni, le Province, e con tutta la rete di associazioni che in questi anni si è sviluppata. Ad esempio, la nostra attiva partecipazione a due progetti finanziati dalla Regione Lombardia per la prevenzione dell’aborto e il sostegno psicologico, socio-assistenziale e sanitario delle famiglie con neonati, ci ha dato la possibilità di fruire di aiuti consistenti e di seguire le nostre mamme insieme ai consultori di Laveno e Luino. Spesso addirittura si tratta semplicemente di far conoscere tutti gli aiuti che le istituzioni mettono a disposizione delle mamme in attesa, e di far da tramite per la richiesta, come con il progetto Nasko, sempre della Regione Lombardia, che mette a disposizione duecentocinquanta euro mensili per un anno e mezzo, alla donna che rinuncia ad abortire”.
E in effetti quello della conoscenza non è un problema secondario: fare conoscere, farsi conoscere, per arrivare anche alla più straniera e alla più isolata delle donne. E allora ecco gli spettacoli teatrali, la vendita di primule, le testimonianze, gli incontri nelle scuole, le cene, le serate con personalità del mondo della Chiesa
Ma se cambia la strategia, il nocciolo dell’attività è sempre quello voluto dai fondatori, da tempo scomparsi, don Mario Sessa di Caravate e don Sandro Dell’Era di Besozzo: un aiuto concreto e pratico a una mamma in difficoltà, perché possa accogliere la vita nascente che è in lei, grazie all’ascolto e all’amicizia, al sostegno e alla compagnia di qualcuno che le voglia bene. Che è, poi, quello di cui ha più bisogno il cuore dell’uomo. Sempre.
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