C’erano una volta gli svizzeri campioni di correttezza, disciplina e senso civico che si proponevano come esempi virtuosi agli italiani, anarchici e disordinati per definizione. Ricordo un imprudente connazionale in coda al confine italo svizzero di Porto Ceresio che, finito di fumare, gettò distrattamente il mozzicone dal finestrino: apriti cielo! Un finanziere elvetico lo vide con la coda dell’occhio, abbandonò all’istante quello che stava facendo, gli si avvicinò e con la tipica cadenza ticinese gli intimò: “Adezzo lei scende, raccoglie la zigaretta e la mette nel pozacenere”.
Niente da dire, una lezione di civismo in piena regola, impartita davanti a una piccola folla di gendarmi e frontalieri che osservava approvando. Gli svizzeri? Puntuali e precisi come gli orologi che sono così bravi a fabbricare, si diceva allora, niente cartacce per terra, paesini lustri che potresti camminarci a piedi nudi, nessuno che fa il furbo. Un Paese modello, altro che la nostra povera Italia, con tutta quella gente confusionaria e opportunista che non rispetta le regole!
La rivelazione che non ti aspetti ti piomba addosso all’entrata del casello di Lainate sull’autostrada Milano-Varese in un sabato qualsiasi, a metà pomeriggio. Una lunga colonna d’auto muove a passo d’uomo dal gigantesco centro commerciale di Arese verso l’unico punto di pedaggio automatico. Aspettare disciplinatamente il proprio turno sotto il solleone di luglio non è forse da uomini veri. Così due automobilisti si avvicinano il più possibile al casello e si mettono in doppia fila, subito imitati da altri. Quattro, cinque, sei auto. Chi sta in coda suona il clacson esasperato ma gli infiltrati insistono, non ci pensano nemmeno a mettersi dietro.
Allungo il collo per guardare le targhe dei primi due furbacchioni. Sono svizzere. Appartengono ad una Volvo blu e a una Focus bianca familiare. Strano, avrei giurato che fossero italiane! Ancora qualche istante d’attesa e finalmente si riparte, c’è traffico ma si viaggia. Origgio, Castellanza, Busto, Gallarate. Nei pressi dell’uscita di Cavaria i cartelli stradali bianchi cerchiati di rosso segnalano lavori in corso e il limite di sessanta all’ora. Tutti rallentano ma una Porsche dorata con targa svizzera sfreccia sulla corsia di sorpasso al triplo della velocità consentita. Avrà fretta, penso, e tanto chi la ferma, l’Italia è tollerante.
Percorro qualche chilometro ed ecco in fondo la deviazione per Gazzada: la linea sull’asfalto piega a destra con largo anticipo per consentire alle auto d’imboccare la direzione senza rallentare di colpo creando pericoli a chi prosegue per Varese. Tutti ci uniformiamo, tranne un Suv scuro che arriva lanciato sulla corsia di sorpasso e inchioda all’ultimo momento, sterza a destra e prende la deviazione tagliando la strada alla macchina che mi precede. Guardo automaticamente la targa. È svizzera. Avrei dovuto capirlo subito. Penso: ma questi sono disciplinati solo a casa loro? Non è arrivato il momento di cancellare un luogo comune che non esiste più?
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