Vestita modestamente ma molto distinta, in un pomeriggio estivo stranamente uggioso, ricco di nuvole grigiastre e scarsi raggi di sole, si aggirava interessata tra le opere esposte da numerosi artisti varesini, radunati in occasione di una manifestazione artistica tradizionale, che ogni anno si ripete in uno dei siti più suggestivi e più antichi della periferia della nostra città.
Molte “ragazze” come lei, ricche di sensibilità interiore, vanno costantemente alla ricerca del bello che tanto disseta i nostri desideri di serenità, di pace, di vita. Questa ricerca è un bisogno profondo del nostro animo, che purtroppo spesso gli eventi della vita contrastano col riversarci addosso con troppa generosità fatti e problemi anche dolorosi che dobbiamo continuamente affrontare. Che brutto aspetto della vita è questo: il desiderio di bene a cui aspiriamo viene frustrato continuamente. Sentiamo profonda questa vocazione alla felicità, la bramiamo, la ricerchiamo continuamente. E invece questa nostra ricerca viene annientata dalle angosce. È una esperienza ripetuta nel tempo: quanti poeti, quanti artisti hanno urlato nelle loro opere questo dramma, prostrati nella sofferenza invece che elevati nella felicità.
Eppure con cocciutaggine dobbiamo andare avanti alla caccia del positivo, del bello in tutti i suoi aspetti. Il problema è dove cercarlo e come cercarlo. Nel denaro, per il benessere che esso può dare? Nel potere? Nel sesso? Nelle droghe? Nell’arte in tutte le sue manifestazioni? O in tutto questo messo assieme, ossia nel modo, nello stile di vivere? E piuttosto che nelle cose concrete, perché non cercarlo nella filosofia, nel pensiero, nelle religioni? E se è in loro, in quale religione?
Eppure nella vita momenti, o periodi di felicità ci sono. Più o meno frequenti, più o meno duraturi, magari alternati al dolore, alle paure, a queste benedette angosce, ma ci sono. Molti riescono a riempire con costanza il tempo di elementi positivi, utilizzando le qualità di cui sono dotati : la disciplina, il meditare, il pensare, cercando di godere sempre delle piccole cose e in generale sapendo cogliere il bello nel piccolo, il superare la monotonia del quotidiano e il trovare la poesia nell’umiltà, nel grigiore, nel semplice.
Così la nostra signora modestamente vestita, ma molto distinta nel suo buon gusto, nel tardo pomeriggio di una bigia giornata estiva, come abbiamo detto, si è ritrovata su un poggio panoramico della nostra Varese, un bel balcone che si protende verso il Monte Rosa, in quel momento occultato da nebbie e vapori uggiosi.
Qui si stavano esibendo, in costumi folcloristici, un gruppo di noti figuranti varesini. Un breve spettacolo semplice, quasi ingenuo, ma grazioso. Lei lo sa apprezzare e dice “Che carini, mi fanno tanta tenerezza …” Si commuove profondamente e compare sul volto una lacrima. Ovviamente non per lo spettacolo in sé. Stava vivendo un momento bello e sereno ed ecco riaffiorare in lei il ricordo di momenti analoghi, vissuti per una vita intera, accanto e con la persona amata. Ora quella persona non c’è più, morta da qualche anno.
Bellissimo veder riaffiorare, anche se con tanta nostalgia, un grande amore, una grande felicità. La fortuna di rivivere profondamente, anche se nel ricordo, un rapporto positivo durato una vita, vissuto nel bello e senz’altro anche nelle prove. Un rapporto costruito giorno per giorno, senza aver mai dato nulla per scontato.
La vita ha le sue leggi ineluttabili e diciamo pure crudelissime. La vita finisce per i singoli, ma fluisce in altri. Purtroppo la realtà ci mostra che numerosi non riescono a vivere esperienze analogamente positive, continuamente distruggendo rapporti d’amore o rapporti nati senza amore vero. Loro abusano della legge del divorzio …. ma forse il problema è più sintetizzabile in “saper amare o non saper amare”. Avere o non avere questo grande dono, ma non è solo un dono, perché il saper amare va costruito con la volontà di voler amare e va realizzato con paziente duraturo lavoro quotidiano.
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