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Sport

OSCAR DELLE PANCHINE A CONTE

ETTORE PAGANI - 07/07/2016

conteSecondo Nereo Rocco la prima regola per essere un buon allenatore è quella di non far danni. Ne abbiamo già parlato in altra occasione. Vanno bene gli schemi, la preparazione atletica, indovinare la formazione, dunque, ma fino a un certo punto: secondo il simpaticissimo triestino il primo comandamento deve essere quello, appunto, di non fare danni.

Una rassegna televisiva degli allenatori in panchina per guidare le squadre europee ha lasciato, però, qualche dubbio di interpretazione: vista la tranquillità di una generale presenza spesso espressasi, addirittura, senza neppure alzare la parte di fondo schiena. Si dovrebbe, allora, pensare, che nel caso di vittoria, non siano stati fatti danni e in caso di sconfitta, dalla constatazione che ai tecnici non ne “fregasse” proprio nulla di nulla né in bene, quindi, né in male.

La sensazione più concreta che poteva essere derivata dal loro comportamento era quella dell’assunzione, prima d’ogni incontro, di una buona dose di sedativi tal che se si fosse ritenuto di ricorrere ad un esame al riguardo si sarebbe pervenuti ad una constatazione di presenza di tranquillanti, appunto, in dosi massicce.

Unico immune da tale situazione è stato Conte che di agitazione ne ha avuta anche per tutti gli altri evidentemente senza provocare danni di sorta. Talmente unica e rilevante è stata la sua presenza che non può aver minimamente inciso in qualità di riflesso sugli altri.

Sul podio dei sedati, pare si possa collocare Del Bosque che di interventi sulla sua Spagna non he ha proprio fatti apparendo più o meno appisolato in panchina forse proprio per la sua scarsa convinzione in una squadra che brillante non era parsa nemmeno prima e che l’Italia ha addirittura nettamente superato.

Anche relativamente agli altri, però, si potrebbe parlare, insomma, di una serie di panchine dormitorio con difficili, se non impossibili, cercare effetti positivi o negativi venuti dai loro principali interpreti alle squadre. Meglio molto meglio il nostro interprete Conte e dalla sua agitazione è stato certamente desumibile il riflesso positivo su una squadra.

Meglio ancora, dunque, il nostro Conte anche se, con due lacrime agli occhi per essersi rotto un sottilissimo filo di una non sperabile speranza e, soprattutto, per la tristezza di un addio.

 

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