Si cambia dopo ventitré anni. Cade (crolla) la roccaforte del leghismo. Passa la mano (abdica) il centrodestra. Vince (trionfa) il centrosinistra in cronica familiarità con la sconfitta: più centro che sinistra, stavolta. Viene premiato il civismo che ha dato impulso decisivo al Pd e a Davide Galimberti. E’ lui (51,84% contro il 48,16 del competitor: 1200 voti di distacco) il sindaco della Varese che vuole rilanciarsi. Che crede nella modernità senza scordare il passato, intende risvegliare la tradizione, salire sul treno del progresso, correggere difetti ed esaltare virtù, dar retta ai suoi cittadini, risolvere con sollecitudine e pragmatismo i piccoli problemi trovando in questa umile disponibilità la legittimazione ad affrontare quelli grandi. Cioè strategici per una collocazione importante della città nel futuro: il neoeletto sarà aiutato dal buon rapporto con Sala a Milano e con Renzi a Roma.
Galimberti, quarant’anni, avvocato, dna progressista e panni moderati, ce la fa perché paziente/serio/determinato. Gira per un anno nei quartieri, li conosce da vicino, ne coglie esigenze ed umori, riempie di appunti l’agenda, vi fa seguire proposte concrete, raccoglie la fiducia di uno scontento trasversale, che va da sinistra a destra. I partner dell’alleanza, Zanzi e De Simone, gli danno una mano. Altro che una mano: Varese 2.0 aveva aperto la strada alla palingenesi con le sue mobilitazioni popolari. Nel ballottaggio arriva infine anche l’endorsement propizio di Malerba. La squadra -per pragmatismo e competenza- risulta convincente agli occhi degli elettori, nonostante gli avversari scelgano come leader un esponente della società civile, Paolo Orrigoni, che mette tanto di suo nel cercare di scolorire la sponsorizzazione di Lega, Forza Italia, Ncd. Quelli che avevano governato deludendo. E avrebbero voluto rigovernare eludendo: cioè facendo scordare gli errori denunziati dalle molte manifestazioni pubbliche dell’ultimo triennio.
La svolta è storica, segnerà un’epoca, contiene valore simbolico. La sconfitta della Lega a casa sua fa rumore, un chiasso assordante, anche lontano da qui. E apre, se non il processo, certo un’analisi fortemente critica su scelte interne di partito e d’amministrazione della città. Di alleanze elettorali e di candidati di lista. Di programmi e di comunicazione. Di sopravvalutazioni e di sottovalutazioni.
Il successore dei borgomastri di Palazzo estense dovrà corrispondere al favore ottenuto, agl’impegni presi, alle scadenze annunciate. Ha insistito nel pronunciare il verbo fare promettendone l’uso continuo, e dovrà mostrarsi coerente. Qualche ipotesi di lavoro. Primo: scegliere una squadra di assessori anteponendo il merito alle appartenenze. Secondo: ascoltare la voce dei rappresentati/amministrati, così a lungo silenziata e così spesso saggia e preziosa. Terzo: dar corso a un riformismo pragmatico, quotidiano, attento al dettaglio. Quarto: prestare attenzione alle emergenze sociali, alla questione della sicurezza, al profilo culturale. Quinto: chiedere ai battuti di collaborare, per quel che possono e vogliono, con chi ha prevalso.
Complimenti e auguri, caro sindaco. Varese ha visto e vissuto la possibilità di cambiare non come tentazione, avventura, peccato secondo il logoro schema di una rinunciataria/influente minoranza. Ma come maggioritaria/epocale occasione di un auspicato, voluto, incitato rinascimento. Buona alternanza e buona fortuna.
You must be logged in to post a comment Login