Pur facendo i migliori auguri a Berlusconi è evidente che ormai l’ex Cavaliere non sarà più in grado di essere un leader operativo e che in qualche modo il centro-destra italiano è comunque alla vigilia di ulteriori cambiamenti. Un nuovo leader, nuove frammentazioni e turbolenze o – di fatto – il centro-destra, almeno a come è stato inteso in passato è ormai tramontato rispetto all’asse lepenista – salviniano che in questi giorni sembra voler almeno ammiccare anche ai 5Stelle di Grillo?
Nessuno lo sa, anche se alla fine – posto che Renzi dichiara di non voler assolutamente cambiare la nuova legge elettorale, e tra un po’ credo se ne pentirà – visto che i numeri premieranno le aggregazioni in un’unica lista in qualche modo almeno una intesa dovrà essere costruita o – divisi – tutti partiranno perdenti.
Di fatto, però, quello che era uno scenario, un programma, un bacino di consensi a destra è ormai profondamente diverso da quello storico (leggi partiti della prima repubblica) o anche solo di qualche anno fa quando il “tridente” Forza Italia- Lega – Alleanza nazionale superava il 40% dei voti.
Ricordate? Nell’inverno 1993-94 mentre Dc e Psi agonizzavano sotto i colpi dei magistrati di “Mani Pulite” si creò di fatto la necessità di riabilitare la destra missina di Gianfranco Fini che in un solo anno (1993-94) passò dall’emarginazione totale al governo. Ma oggi discriminazioni non ce ne sono più e quindi tutti sono sul mercato. Morte e sepolte le ideologie, il voto è trasversale, umorale, trasmigrante di schieramento e non più solo “di protesta” come in parte è sempre stato.
Fenomeni nuovi come l’immigrazione, l’Europa, gli influssi d’oltralpe, la moneta unica, una crisi economica che da quasi dieci anni ha rallentato lo sviluppo creando sacche imponenti di disoccupazione stanno creando un asse nuovo che va ben oltre i concetti di destra o di sinistra classici e – soprattutto – vedono progressivamente perdere spazio al “centro” che ormai si riduce a micro-partiti importanti solo per sé stesi o a puntellare maggioranze variabili alla disperata ricerca di mini-consensi parlamentari.
Da tempo Berlusconi continuava a ripetere il mantra “noi liberali liberisti contro statali statalisti”, slogan che ha perso man mano consistenza e credibilità ed è anche per questo che è difficile pensare che per vincere a destra (ammesso che Renzi sia di sinistra) serva insistere sul moderatismo per conquistare elettorati moderati mentre forse per vincere serve l’esatto contrario.
Guardiamo in Europa come si affermano forze eterogenee dai Podemos spagnoli di Pablo Iglesias alla Le Pen capaci di pescare consensi dalle periferie abbandonate ai piccoli proprietari, ai giovani disoccupati e tutti quelli che in qualche modo sono “contro” una struttura europea che obiettivamente non incanta di più.
Immaginare allora un’intesa almeno tattica tra Lega-5Stelle non è fantapolitica, ma un aspetto in divenire che potrebbe condizionare il futuro prossimo della politica italiana.
Nelle prossime settimane, già dai ballottaggi di domenica ma anche dall’esito del referendum sulla Brexit e dalle nuove elezioni spagnole, una serie di risposte potrebbe ribaltare le prospettive anche in Italia.
Se poi a novembre Trump – cosa sei mesi fa impensabile ma oggi possibile – dovesse diventare presidente, allora tutto sarebbe davvero possibile.
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