Giubileo è termine che sta per yobl, montone (Levitico) e significa il corno che veniva impiegato durante le grandi liturgie ebraiche. In Lev 25,10 è scritto: santificherete il 50° anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti: sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà ed ognuno di voi tornerà nella sua famiglia. Nell’esegesi rabbinica yobel si collega a jobel, restituire. Si tratta della liberazione dell’uomo dalla condanna del possesso e dall’essere posseduti quando si tratta di schiavi. Il che equivale ad affrancamento delle terre cedute, delle persone, con ripristino egualitario archetipico. In realtà, stando alla Bibbia, non risulta che un giubileo con tali caratteristiche sia mai stato celebrato: è al tutto assente dalla narrazione storica.
Il valore profetico escatologico (sette volte sette più uno) equivale ad anticipazione del tempo ultimo della storia e a esperienza di ciò che è ultimo una volta che si sia esaurita, una volta chiuso il ciclo settenario dei sabbatici, il tempo cronologico resta sospeso. L’evangelista Luca all’inizio della predicazione di Gesù in sinagoga pone l’annuncio profetico di un anno giubilare, di cui la persona stessa del Maestro è il segno e l’inizio. L’anno di grazia non è quello che si colloca nel calendario cosmico, ma coincide con l’ingresso del Cristo sulla scena, è un rimettere in libertà dall’oggi di Dio gli oppressi, i prevaricati.
Non è più una pausa pertanto il giubileo, bensì un inizio secondo il supersessionismo, termine di conio anglosassone, per cui la fede in Cristo consente di considerare decaduto il patto di Dio con Israele. Vedeva nel Cristianesimo l’insorgere per sostituzione di una nuova Alleanza. Quanto al concetto di remissione (in ebraico shemittah) l’anno giubilare si connette a una particolarità dell’anno sabbatico, di cui abbiamo testimonianze postesiliche di pratica di riposo della terra, remissione del debito per gli schiavi, atteggiamento di volontaria carestia di contro alla voracità produttiva (significato ascetico). Gerolamo traduce Lv 25 non all’impronta e crea un’assonanza tra il nome ebraico del corno e il iubilum latino.
E si entra nel problema delle indulgenze (remissione della pena temporale dei peccati). Il giubileo tra XIII e XIV secolo si connette col problema della seconda penitenza nella Chiesa latina (perdono di colpe commesse dopo il lavacro rigeneratore del battesimo). Da una parte l’atteggiamento rigoroso di parte della Chiesa antica di escludere i lapsi (i caduti) dalla reintegrazione; dall’altra la riammissione, soprattutto grazie ai libelli pacis, preghiere presentate dai confessori della fede, trattandosi comunque di una satisfactio pubblica. La penitenza auricolare viene invece adottata nel IV Concilio Lateranense del 1215 (essendo Papa Innocenzo III) – canone 21 (confessione davanti alo parroco almeno una volta all’anno). Solo che dall’VIII secolo si introduceva una specie di tariffazione delle pene, compensandole con altre equivalenti. La pena ( digiuno, preghiera, elemosina, ascesi, pellegrinaggio ) non faceva più appello ai beni o alla volontà ascetica del penitente,quanto all’autorità della Chiesa custode dei meriti del Cristo. Alcuni prelati concedevano però indulgenze senza alcun discernimento.
L’indulgenza, parte essenziale del pellegrinaggio, riguardò soprattutto le Crociate, bandite dopo la distruzione del Santo Sepolcro, avvenuta nel 1009 ad opera del Califfo al-Hazim (ritenuta coincidente con la fine del mondo), con estensione in prosieguo di tempo all’epoca di Bonifacio VIII (Bolla nuper per alias) alle campagne condotte contro i siciliani ostili al Papa, la detestata famiglia dei Colonna ecc. L’indulgenza plenaria accordata ai Crociati presenta caratteristiche simili a quella giubilare. Vengono associate alle Crociate per omologazione a Gerusalemme i pellegrinaggi alla Porziuncola e alle tombe degli Apostoli.
Il primo solenne giubileo, segno del sogno teocratico e temporalista di Bonifacio VIII, è promulgato con una bolla del 27 febbraio 1300 con le parole “Antiquorum habet”, anche se il termine comparirà più tardi. Si tratta di un atto di venia innovatore (innovamus), emanato dal Papato inteso come custode geloso e generoso delle chiavi del tesoro delle soddisfazioni. È contemplata un’indulgenza plenaria conquistabile una volta nella vita e con una cadenza secolare. Requisito per i Romani la visita delle tombe dei Santi per trenta volte (quindici per i romei). Purtroppo anche il denaro diventa un connotato dell’indulgenza.
You must be logged in to post a comment Login