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Sport

UN VARESINO CON LE ALI

FELICE MAGNANI - 09/06/2016

 

Ito Mario Giani è nato a Varese il 5 settembre 1941. L’atletica è stato il suo grande amore sportivo. Velocista cresciuto nella Biumense, ha partecipato a due Olimpiadi, Tokio 1964 e Città del Messico 1968. Nel 1965, con Rimoldi, Monetti e Ottolina, ha conquistato il titolo italiano nella staffetta 4×100. Nel 1966 è stato finalista all’Europeo di Budapest (5º nei 100 e 6º nella 4×100).

 Il 1967 è stato il suo anno magico. Dopo il titolo di campione d’Italia nei 200 (21″3), l’incetta di medaglie alle Universiadi di Tokio: oro nella 4×100 con Roscio, Preatoni e Berruti (39″8) e due bronzi nei 100 e 200. Nel 1968, alla Preolimpiade di Città del Messico, con Ottolina, Preatoni e Berruti, ha firmato lo strepitoso 39″2 per il record italiano della 4×100. Ha abbandonato l’attività agonistica nel 1969 in seguito a un grave infortunio in motocicletta, altra sua grande passione.

 

 Stile, eleganza, semplicità di modi, riservatezza, un amore passionale per la sua atletica, vissuto con punte di nostalgia, è sull’onda di questi caratteri unici e particolari che ho avuto la fortuna di incontrare e stimare Ito Mario Giani, il varesino volante, l’atleta il cui nome figura nell’Olimpo mondiale della velocità. Quando nell’ormai lontano 1989 proposi a monsignor Pigionatti una serata sui giovani e lo sport, il primo nome che uscì da don Tarcisio fu quello del dottor Ito Giani, il velocista che aveva sfidato e battuto le più grandi firme dell’atletica nazionale e mondiale. Monsignore lo teneva in grande considerazione, lo stimava moltissimo come uomo e come atleta. L’ho conosciuto meglio in occasione dell’Oro in bocca, il libro di sport che ho scritto con Enrico Valente. Quando gli ho proposto l’intervista era visibilmente soddisfatto, felice di poter collaborare rispolverando quella parte fondamentale della sua vita che si legava indissolubilmente alla storia dello sport nazionale.

 Sempre disponibile, collaborativo, mai critico, con la battuta ilare e distensiva che raccontava di medaglie d’oro, di sfide con i più forti velocisti mondiali, di aneddoti che lo hanno visto protagonista di appassionate performance motociclistiche insieme al suo amico Eddy Ottoz, subito dopo le Olimpiadi messicane. Abbiamo vissuto alcuni momenti insieme a Genova, in occasione della festa delle Stelle nello Sport, con Bruno Franceschetti e poi molti altri incontri ancora nelle scuole della provincia di Varese a parlare di sport, ricordando sprint vissuti, finali vinte, staffette stellari con  Rimoldi, Monetti, Ottolina, Roscio, Preatoni, Giannattasio, Berruti e poi via via la sua amicizia con Eddy, quella con Laverda, la vittoria spettacolare alla Universiadi di Tokyo nel 1967.

 Ito Mario Giani, un grande atleta rubato troppo in fretta all’atletica da un destino terribile, che lo ha visto in coma per sei giorni a causa di un drammatico incidente stradale, che gli ha lasciato l’amarezza di non aver potuto dare di più a quello sport che rappresentava il sogno della sua vita. Ho voluto ascoltare il suo prestigioso parere sulle ormai prossime Olimpiadi di Rio, in un momento difficile, in cui sta di nuovo correndo contro il male che lo ha colpito. Ancora una volta un grande Ito Giani, un professionista dello sport che ha saputo e che sa interpretare nel modo migliore i caratteri e i valori della sua gente e della sua città,  dimostrando con l’esempio che essere atleti significa affrontare a viso aperto le vittorie e le sconfitte senza mai piangersi addosso.

Ito, si avvicinano le Olimpiadi di Rio, come vivi questo avvenimento?

Non essendo, purtroppo, protagonista in campo, vivo questo avvenimento in maniera distaccata e nostalgica, da osservatore curioso di vedere cosa ci regaleranno gli atleti italiani.

 

Quali i ricordi più significativi di Tokyo ‘64 e Città del Messico ‘68?

Ricordo Tokyo come un’ entusiasmante presa di conoscenza di un mondo nuovo, di una cultura diversa da quella italiana e occidentale. Dal punto di vista sportivo è stata la presa di coscienza di far parte della migliore gioventù mondiale di quel periodo storico.

 

Come vedi l’atletica di oggi?

Auguro di cuore ai protagonisti dell’atletica italiana di essere all’altezza della situazione.

 

È possibile avere ancora velocisti come Giani, Berruti, Mennea?

Bisogna trovare individui che, alle indispensabili doti naturali, sappiano unire straordinarie doti morali. Io mi considero un velocista che ha unito a doti naturali, una forte volontà di “arrivare”. Berruti era un’eccezione dal punto di vista della facilità di corsa, un mix di scioltezza e potenza relativa, unita a una coordinazione naturale, eccezionale. Mennea è stato un esempio di volontà unita a una feroce dedizione e a un’eroica capacità di soffrire nella preparazione.

 

Come vivi questi anni?

Attualmente sto combattendo una personale battaglia  contro una malattia. Sono ottimista circa l’esito.

 

Che cosa ti manca di più?

Come a tutti quelli che non l’hanno più, anche a me manca la gioventù, ma non ne faccio un problema: mi adeguo.

 

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