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Politica

VIVERE TRA LE PERSONE

LUISA OPRANDI - 09/06/2016

Luisa Oprandi

Luisa Oprandi

Mia mamma, ormai quasi novantenne, pochi giorni prima delle elezioni amministrative del 5 giugno aveva commentato: “Mai stato così facile per me votare”. Già perché lei si chiama Galimberti e, da sposata, Oprandi. Quindi facilissimo davvero esprimere la sua preferenza per candidato sindaco e consigliere. Certo non immaginavo che al suo voto se ne sarebbero aggiunti altri 773, assegnando al Partito Democratico, che rappresento, alle donne e alla sottoscritta un consenso che, andando a guardare i risultati degli ultimi vent’anni, mai era stato raggiunto. Il primo segnale di un elevato numero di voti personali mi è giunto da Daniele Marantelli che, con una telefonata entusiasta, mi annunciava nella prima mattina di lunedì  e a spoglio non ancora concluso “stai volando in termini di preferenze”.

La conferma del “botto”, con grande sportività, mi è stata confermata successivamente da Carlo Piatti, assessore uscente della Lega Nord, a sua volta candidato in questa tornata elettorale. Al di là dell’incredulità iniziale e dell’umano  piacere per il risultato conseguito, reputo onesto riconoscere che quei quasi ottocento voti sono la somma sinergica di diversi fattori. Da tempo ritengo, esprimendolo con molta chiarezza, che nelle elezioni amministrative, soprattutto in una città di provincia, molto conta la conoscenza delle persone, frutto sia di rapporti personali che nel tempo si costruiscono e consolidano, sia della possibilità di rendere espliciti i propri valori di riferimento attraverso esperienze nel sociale e nel contesto pubblico, sia della grande opportunità di vivere normalmente la vita cittadina e dei rioni di appartenenza.

A questo giornale, col quale collaboro quasi dalla sua fondazione sotto la direzione prima di Alma Pizzi e poi di Massimo Lodi, ad esempio devo molto per l’opportunità di avere potuto sempre raccontare, con grande libertà di pensiero, opinioni, pareri, proposte, esperienze. E di conseguenza, a mia volta, raccontarmi  in modo trasparente, raccogliendo e accettando consensi o dissensi. Vivere in un rione, esservi parte in modo attivo e partecipe, con la semplicità che caratterizza la quotidianità delle relazioni, favorisce il  divenire figura familiare e, nel mio caso, in questi ultimi cinque anni di esperienza amministrativa, anche  naturale riferimento per tante questioni concrete attinenti la collettività rionale. Ma a Varese, per dimensioni e tradizione, c’è anche spazio per iniziative culturali, associative, sportive, sociali che mettono in circolo proposte, energie, progetti che possono coinvolgere e fare comunità, intessendo una rete di belle e positive relazioni.

Al risultato elettorale di domenica scorsa ritengo abbia contribuito anche l’esperienza politica di questo ultimo decennio, dalla collaborazione concreta alla fondazione del Partito Democratico fino alla presenza in consiglio comunale dopo la tornata elettorale di cinque anni fa.  Quasi metà dei varesini avevano dimostrato, con la risalita di bene sedici punti percentuali tra il primo e il secondo turno delle passate amministrative, di essere favorevolmente disponibili all’idea di una sindaca donna, espressione del centrosinistra e riconosciuta come familiare, alla mano, concretamente presente nella vita sociale, culturale e politica con lo stile e la libertà di pensiero e di azione tipica del “civismo”, benché dichiaratamente iscritta ad un partito politico.

Successivamente, l’essere restata, sebbene sconfitta, sui banchi della minoranza a fare squadra con i consiglieri del PD e dell’opposizione  ha permesso di non disperdere il bagaglio di quella felice esperienza collettiva. Così come presumo vi abbia contribuito la scelta di uno stile partecipativo che si è concretizzato, ad esempio, nel mettermi per molto tempo settimanalmente a disposizione presso un locale pubblico del centro per ascoltare i cittadini, raccogliere le loro proposte, portandole poi in consiglio comunale sotto forma di interventi, mozioni, richieste. Sempre con l’attenzione ad esplicitare, in quei casi, che erano idee delle quali mi facevo portavoce e non attribuendomene il merito dell’originalità.

Forse ha pagato anche la scelta, evidente fin dalla competizione elettorale con Fontana, di evitare ogni forma di comunicazione arrabbiata, aggressiva, giudicante o sprezzante dell’oppositore politico: la forza delle idee cammina, anche meglio direi, con le gambe del rispetto, sempre e comunque, dell’altro, senza per questo perdere di consistenza e significato. Non da ultimo, la novità della doppia preferenza ha consentito a tutti i candidati di ricevere numericamente più consensi rispetto agli anni passati, quando l’elettore doveva scegliere di scrivere un solo nome. Ma appunto occorre comunque scrivere e alle quasi ottocento persone che hanno messo nero su bianco il mio nome, grazie.

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