Parità assoluta:1164 voti alle due liste più importanti, pochissime le schede annullate, 69 per cento i votanti: anche se il Comune conta poco più di 5000 abitanti il 19 giugno ci sarà ballottaggio. È accaduto a Casina, il primo centro collinare dell’ Appennino reggiano: lo si incontra salendo ai 1300 metri del passo del Cerreto. Casina è un delizioso paese dove ha vissuto da piccina la mia nonna materna e dove è nata la ragazzina che vive al mio fianco da 55 anni.
È uno dei miei luoghi amati dove ho plotoni di amici che spesso politicamente si combattono accettando pienamente la mia scelta di neutralità.
Il singolare pareggio elettorale e la rimonta di una opposizione che cinque anni or sono aveva perso largamente mi hanno indotto a pensare alla diversità di temperamento e di cultura civica di due popolazioni che ben conosco e che comunque stimo. Non è la prima volta dal Dopoguerra che i “bianchi” espugnano il comune di Casina, ma l’estate scorsa nulla faceva pensare a un risultato clamoroso come quello del 5 giugno. Contrattacco organizzato e realizzato in pochi mesi a conferma della conoscenza dei problemi da parte della comunità e della non accettazione passiva di una delega in bianco a chi governa. Non succede purtroppo a Varese dove dopo 23 anni di guida leghista si è blandamente sculacciato e messo in castigo chi non ha dato quanto aveva promesso; dove ci si è cautelati con un cambio di cavallo della stessa scuderia pensando di azzeccare un voto che fu produttivo negli anni del boom, un voto a Varese senza utilità pratica da quando il centrodestra è diventato ruota di scorta del Carroccio.
Il 19 giugno non avremo due mondi contrapposti come nel secolo scorso, sarà per certi versi una scelta strana: infatti oggi la sinistra varesina impegnata nel suo programma di progresso e di cambiamento se collocata nei regimi comunisti che abbiamo conosciuto sarebbe subito impacchettata e pronta per la Siberia.
Se poi qualcuno del popolo dei moderati ha votato e vota per mandare a casa Renzi per questo scopo non incidono gli scontri di frontiera a fronte delle battaglie campali nelle città capoluogo di regione. Siamo a Varese, votiamo per risolvere i nostri problemi, sotto naftalina da decenni.
È doveroso invece complimentarsi con i varesini coraggiosi che si sono buttati per la prima volta nella bagarre elettorale e sono da ammirare e ringraziare in particolare coloro che hanno combattuto in formazioni che non avevano grande futuro. Ma la partecipazione è un segnale di democrazia importante, un’esperienza che si fa a favore dell’intera comunità e quindi meritevole della massima considerazione.
Vanno ringraziati in particolare i giovani che si sono messi in gioco e hanno colto risultati importanti. Paolo Orrigoni ne è l’espressione più rilevante, è quello che rischierà più di tutti se riuscirà a confermare il successo riportato al primo turno. Se eletto sindaco lo aspetta almeno un anno di apprendistato, in seguito potrà fare strada solo rispettando se stesso e i suoi collaboratori, cioè non dovrà mai dimenticarsi di rappresentare l’intera città. Ma come può fare bene il sindaco un forzista? È sufficiente chiedere consigli a Busto Arsizio.
Galimberti, il suo Pd e le liste di appoggio non avranno questi problemi di… gioventù, solo l’obbligo di amministrare con criteri realistici, proprio alla varesina, come avrebbe dovuto fare il Centrodestra.
Si è già cominciato a pensare al ballottaggio. È la grande occasione per una prova di civiltà. Tutti si vada a votare. Sarà un segnale per i partiti: i cittadini si sono ripresi Varese. La forte partecipazione al voto decisivo sarà la fine di un disinteresse inaccettabile per una città che ha una bella storia, darà conforto e garanzia di vigile aiuto a un sindaco giovane o al suo rivale più esperto ed espressione di una linea progressista, moderata, attendibile.
Se faremo come il piccolo Comune dell’Appennino reggiano sarà anche come mandare un avviso di garanzia ai pupari che hanno fatto della politica varesina la loro professione.
Aiutiamo i giovani, i movimenti che hanno dato un bel segnale di riscossa. Aiutiamo la città, cioè noi stessi, a uscire dalla palude della mediocrità.
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