Ci si pone talvolta il quesito: la corruzione è una realtà con la quale è necessario convivere ? Senza misure che incidano sulle radici del fenomeno? Spesso le parole di indignazione risultano solo stereotipe, retoriche e moralistiche. Non si riflette abbastanza sul fatto che tanti piccoli, comuni, comportamenti quotidiani sono frutto della stessa logica, che comodamente distingue tra inosservanze veniali e fenomeni più o meno macroscopici.
Purtroppo la corruzione, che in campo biologico significa l’alterazione progressiva di ciò che esiste e che per traslato si riflette sul mondo morale, intaccando i legami sociali, le relazioni e le dinamiche democratiche, non produce solo danni economici, ma danni a qualunque vocazione anche a una misura media della virtù: tutte le mele, anche sane, conoscono la possibilità di marcire, mentre va impostato tutto un piano di risorgimento etico, a partire dall’istituzione scolastica e dal suo sistema educativo. Non è certo confortante che per risolvere anche il problema della congestione delle carceri e il faticoso svolgimento dei processi si invochi da taluni sempre più l’apertura alla strada della depenalizzazione.
C’è poi una corruzione che si alimenta dell’illusione del rispetto delle regole; azioni di lobbying formalmente legale allontanano facilmente i sospetti e non si coglie più la pur sottile linea di demarcazione tra lecito e illecito. Per non parlare degli innumerevoli atti di corruzione del funzionario incaricato della vigilanza e negligente. Sullo sfondo la mercificazione indebita di quanto comunque dovrebbe essere sottratto allo scambio mercantile in questa società, dove convivono in larga prevalenza la logica del consumo e del profitto, l’individualismo estremo. C’è tutta una rivendicazione della sovranità individuale. Risulta evidente l’insufficienza degli strumenti puramente tecnici, va invece attivato un processo di rigenerazione del corpo sociale contro l’accentuarsi di fenomeni di progressiva disuguaglianza ed erosione dei legami tra le classi dei cittadini.
Le disponibilità economiche non possono costituire l’unica base della libertà. Oltre il clamore mediatico su tangenti e mazzette ed il facile scandalismo delle invettive va promossa una concezione della legalità, che non si limiti ai sintomi. Parimenti urgenti sono a tal fine le esperienze di partecipazione e di cittadinanza attiva, tutte quelle vocazioni personali e sociali di autentica gratuità. L’altro, la persona del prossimo deve costituire un fine e un valore, non mezzo o oggetto di sfruttamento. Le leggi necessitano di un terreno capace di sostenerne l’efficacia.
Qualcosa di positivo è intanto pervenuto con il nuovo Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, definito da Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, “una piccola rivoluzione copernicana”. Si passa dai 660 articoli con 1500 commi a 217 articoli con enorme semplificazione e recepimento delle direttive europee.
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