Era passato un secolo, ma nel 2116 i libri di storia spiegavano che il vero problema di allora fu che il Gustavo di cognome faceva Zagrebelsky e con un cognome così la allora giovane e carina ministra Maria Elena si impappinava.
Per questo il premier Matteo Renzi – fresco a quel tempo di “nomination” e ancora all’inizio del suo lungo impero – lo inquadrò tra i cattivi e lui, lo Zagrequalcosa, per ripicca si schierò per il “no”.
Anche l’arcangelo Gabriele fu chiamato a dividere con la spada tra i sì e i no, solo che a destra andassero i giusti e a sinistra i cattivi alla fine non si capiva più quali fossero perché non era chiaro da che parte bisognava guardare, un po’ come la bandiera d’Europa sul bancone del municipio che deve stare a destra di quella italiana ma dipende se la si guarda dal balcone o giù dalla piazza, con buona pace degli esperti di cerimoniale.
Signori, la questione se i “cattivi” siano i no (oppure i sì) è complessa e solo la Boschi e Renzi non hanno dubbi: via i no dal paradiso e che vadano all’inferno dove troveranno il Milan di Berlusconi che – appunto – vota no.
Famiglie divise, incomprensioni: mancano circa 120 giorni al presunto “Referendum Day” e l’Italia è già spaccata tra guelfi e ghibellini. Verrebbe da dire che ci sono già i partigiani, ma non si può dirlo perché Bersani ha già tuonato “Ma come si permette?!” (detto al premier), aggiornamento del più celebre “Lei non sa chi sono io!” con il dito sventagliato sotto il naso del vigile.
Divisi i partigiani, con i loro successori che si stracciano le vesti sulla legittimità della rispettiva rappresentanza morale evidentemente “ad perpetuam rei memoriam” e scusate l’irriverenza.
Si muove anche la Chiesa con il vangelo di due domeniche fa dove perfino San Matteo ha preso posizione: (Mt 5,17-37) “ In quel tempo, Gesù disse.. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno». Che, letto così, sembra solo un invito alla non astensione, come dire che anche in Paradiso si discute della Boschi.
Poi le omonimie, che creano imbarazzi. Il prof. Giuseppe Pennisi per esempio è stato invitato a presiedere un comitato per il sì, lui l’ha subito presa male e letta come una provocazione, ma poi si è scoperto che era tutto un equivoco trattandosi di un suo omonimo, perché il Pennisi giornalista è invece ferocemente per il no.
Anche la Meloni era tutta contenta perché ha letto che anche il suo nonno politico, Giorgio, avrebbe votato per il no poi le hanno spiegato che il giurista Amirante è ancora vivente e non è un refuso, pur facendo parte dei 56 negazionisti surclassati dai 100 e fischia “yesmen” del Renzi pensiero: quando il premier chiama, il professore risponde.
Si guarda preoccupati al calendario: se questo è il clima della tarda primavera che nespole matureranno per l’autunno? E parliamo solo di frutta non del clima che si respira dalle parti del Pd simile già adesso a quelle nuvole bianche che si levano dietro i trattori quando c’è da diserbare e tutti gli insetti ci restano stecchiti: d’altronde è Renzi che traccia il solco, con la spada lo difende verso gli immancabili destini e per gli avversari interni non cresce più erba.
Nel dibattitto (eufemismo) tutti urlano la loro, l’italiano medio vorrebbe solo capire un po’ meglio quali siano gli esatti termini della contesa ma questo – almeno per ora – resta solo un problema sullo sfondo. Vai con i titoli di coda, che siamo solo alla prima puntata.
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