Alzi la mano chi crede nei sondaggi preelettorali. Io sarei tra quelli che la alzerebbero. Con dei distinguo: 1) il rischio di confondere il risultato del sondaggio con il proprio desiderio; 2) la difficoltà – se non l’impossibilità – di tastare il polso dell’intero elettorato, quando ormai va a votare (com’è accaduto di recente) poco più del cinquanta per cento degli aventi diritto; 3) la convinzione che il sondaggio a lunga gittata ha, di norma, poche possibilità di essere credibile, essendo ormai la nostra politica più cangiante e mutevole del tempo atmosferico. E si sa che le previsioni del tempo a lunga distanza non sono quasi mai veritiere. Cioè sono solo probabili, come quelle di Frate Indovino dettate dal buon senso e dall’esperienza: a gennaio fa freddo e nevica, a marzo e ad aprile ci sono giornate ventose e piovose, a luglio, caldo e sole dardeggiante.
Ma adesso non è più tempo di sondaggi. Si vota per davvero e presto, diciamo tra qualche ora, conosceremo i nomi dei nostri sindaci; o perlomeno i nomi di coloro che andranno ai ballottaggi (che spesso però possono equivalere al gioco del lotto, perché anche il ballottaggio è una roulette).
Per intanto, stando a quanto s’è letto sui giornali, si può dire che a Milano Sala e Parisi, rispettivamente i candidati del centrosinistra e del centrodestra, stanno lottando a spalla a spalla; a Torino Fassino – centrosinistra – dovrebbe ritrovare la “cadrèga”, a Napoli potrebbe rivincere quel “cane sciolto” di De Magistris e a Roma – tanto per dire dei principali Comuni italiani, che però fanno opinione generale – potrebbe qualificarsi per prima la candidata del M5S, Virginia Raggi. Difficile dire, qualora vi riuscisse, che per il Movimento Cinque Stelle ciò possa rivelarsi un bene: le strade di Roma, e non solo, sono piene di buche, troppe…
E a Varese? Sembra – senza offesa per gli altri candidati – che l’imprenditore dei supermercati Orrigoni (centrodestra) e il giovane avvocato Galimberti (centrosinistra) abbiano buone chance per contendersi poi, al ballottaggio, la conquista di Palazzo Estense. Francamente, oggi è difficile fare previsioni e le cose potrebbero ancora cambiare, e di molto, da qui a un paio di settimane.
Ma davvero questa della tornata di amministrative – per quanto elettoralmente importante – sarà decisiva per la nostra politica? Il premier Matteo Renzi, presuntuoso e arrogante – secondo gli avversari – fin che si vuole, ma ancora dotato di buon senso, non ha dichiarato di giocarsi la partita sul risultato elettorale ormai imminente (che però potrebbe vedere schierata un ristretta maggioranza di elettori). Tutto avverrà a ottobre, quando gli italiani dovranno pronunciarsi con un sì o con un no – e non ci sarà quorum – nel referendum confermativo sulla riforma costituzionale.
È qui che Renzi ci ha messo (e si giocherà) la faccia. E credo, non ne potesse fare a meno. Ma mancano ancora cinque mesi. Sono tantissimi. Tuttavia, piuttosto di pensare a Renzi e al fatto che qualcuno vuole già rottamarlo (chi di spada ferisce… ), sarà interessante vedere – in concreto – i perché ai sì o ai no alla riforma.
Per i sì, è vero, ci sono molti dubbi; i no dovranno motivare la loro scelta, di fatto, senza avere a tutt’oggi proposte di riforma alternative. È immaginabile che votando no – anche qui, lo diciamo senza offesa alcuna – si possa tornare d’emblée ai tempi di Rumor e Leone, con i famosi governi balneari, altro che seconda repubblica. E chi sa per quanto tempo ancora.
Tutto ciò in nome di una irriformabile Costituzione considerata “la più bella del mondo”. Ma che di fatto non ha mai partecipato a nessun concorso di bellezza.
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