Andando col pensiero al messaggio all’Europa che papa Francesco ha rivolto in occasione del premio “Carlo Magno”, a lui conferito il 6 maggio scorso in Vaticano, si desidererebbe interpretarlo alla luce degli odierni avvenimenti che si susseguono impetuosamente nel vecchio continente: migrazioni, accoglienza o rifiuto, terrorismo, rispetto del patto di stabilità, antieuropeismo, uscita dall’Unione della Gran Bretagna, crisi greca, ondate di populismo. Preferiremmo esporre la visione che Francesco ha dell’Europa: un’Europa alla ricerca di unità, che rispetta la differenza nelle traiettorie della storia, dei diversi patrimoni culturali dell’Europa, che lui, il Papa, chiama “abuela”, nonna, perchè stanca e invecchiata eppur capace ancora di tramandare alle giovani generazioni sapienza. Lo faremo in un secondo momento.
Oggi preferiamo soffermarci in dettagli che possono sembrare marginali, cogliere momenti della solenne cerimonia che appaiano a prima vista protocollari, ma che hanno una loro valenza, andare a ritroso nel tempo per rinvenire ricordi e trovare in questi altrettante tappe che hanno segnato la storia dell’integrazione europea.
Aquisgrana è una tranquilla e ridente città della Germania (la più occidentale!) che i tedeschi chiamano Aachen e che, posta al confine con il Belgio vallone, è chiamata in francese Aix-la-Chapelle, ma confinando con i Paesi Bassi i neerlandesi chiamano Aken e noi, italiani, dal latino Aquisgranum, chiamiamo Aquisgrana. Dalle diverse denominazioni comprendiamo che ha una nobile storia. Posta al centro di quello che si chiamava Sacro Romano Impero, ospita, in una splendida cappella a base ottagonale, ricca di marmi, di mosaici e di suppellettili sacre, veri capolavori d’oreficeria, il trono e i resti di Carlo Magno. Aquisgrana è definita “il ponte” tra il passato e il futuro dell’Europa, simbolo dell’integrazione dei diversi popoli europei.
Carlo Magno (lo sappiamo fin dalle elementari!) compì il secondo tentativo di unire l’Europa rafforzando il suo potere temporale con quello del Papato: la cristianità, cioè la sfera d’influenza del cristianesimo sulla civiltà mondana, iniziata con la donazione di Costantino, si rafforzava grazie all’imperatore Carlo Magno.
Fino a circa mezzo secolo fa, i testi scolastici francesi ratificavano ancora il giudizio dell’Università di Parigi che nel XVII secolo aveva canonizzato come suo patrono “San Carlo Magno”. Daniel-Rops, uno storiografo francese del secolo scorso, affermava che Carlo Magno “possedeva un temperamento tale che per tenerlo a freno, il 6° e il 9° comandamento non bastavano affatto”: grande uomo, dunque, grande cristiano, grande conquistatore e grande imperatore, ma, in quanto a vizi privati, ci sarebbe qualcosa da dire, anche ai tempi nostri! La colpa più grande, comunque, agli occhi dell’uomo moderno è la notevole e deleteria confusione che egli fece tra l’azione spirituale della Chiesa e il potere politico.
Ci scuserà il lettore per questa dissertazione storica che abbiamo tenuto non solo per illustrare perché la città d’Aquisgrana abbia voluto onorare il più illustre dei suoi concittadini, intitolando a lui un premio da conferire ad un illustre e convinto europeista, ma soprattutto per rilevare che l’Unione Europea d’oggi nulla ha a che vedere con quella di Carlo Magno.
Subito dopo l’inizio del cammino verso l’unità europea, i denigratori dell’unione europea accusavano i padri fondatori di voler instaurare “l’Europa carolingia” e certuni “L’Europe du vatican”! Oggi, l’ex sindaco di Londra parla dell’Unione Europea come quella instaurata da Hitler! Sembra proprio che alcuni uomini politici, pur di compiacere i propri elettori, dimostrino una indicibile insipienza storica!
Il premio intitolato a Carlo Magno fu istituito nel 1949 (subito dopo la nascita del Consiglio d’Europa) a opera di un gruppo di cittadini di Aquisgrana e da allora viene conferito il giorno dell’Ascensione “a personalità il cui pensiero, di comune accordo, sia stato di riferimento in ambito politico, economico e spirituale”. Tra i padri fondatori furono insigniti del premio Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman, Jean Monnet; tra i grandi europeisti il greco conte Kalergi, l’olandese Brugmans, il belga Paul Spaak, il lussemburghese Joseph Belche; tra gli intellettuali Simone Veil, Gyula Horn, Vàclav Havel; tra gli uomini che onorarono l’Europa con la loro azione spirituale occorre ricordare fra Roger di Taizè, papa Giovanni Paolo II (il premio gli fu conferito “in maniera straordinaria”), Andrea Riccardi e la comunità di Sant’Egidio. Non mancano i presidenti della Commissione Europea Hallstein, Jenkins, Delors, Van Rompuy, Juncker (ma non – e non ne comprendiamo il motivo – Romano Prodi), i cancellieri Kolh e Merkel, i presidenti francesi Mitterand, Giscard d’Estaing. Tra gli italiani, oltre il già citato De Gasperi, troviamo Antonio Segni, Emilio Colombo, Carlo Azeglio Ciampi.
Chi ha assistito alla cerimonia nella Sala Regia, allietata dai mottetti liturgici dei “pueri cantores” della cattedrale di Aquisgrana, avrà notato la presenza del re spagnolo Felipe, che rappresentava il padre Juan Carlos I (insignito nel 1982) e il granduca di Lussemburgo Henry, che rappresentava tutto il popolo lussemburghese, a cui il premio fu conferito nel 1986.
Il borgomastro di Aquisgrana, rivolgendosi a papa Francesco e a tutti gli ospiti, dopo aver illustrato i meriti acquisiti dall’Europa in questi settanta anni di vita, ha annotato cinque cause “ allarmanti” dell’odierna crisi dell’Europa: “l’erosione del fondamento culturale e morale”, la globalizzazione che, se non bene governata, “parla con occhi che gridano povertà, fame, malattia, guerra e morte”, “l’erronea interpretazione e la strumentalizzazione delle religioni da parte di estremisti, “ la tendenza alla chiusura da parte sia delle singole nazioni che dell’Europa”. È stato, quello del primo cittadino di Aquisgrana, un discorso convinto, efficace.
Martin Schulz, presidente del Parlamento Europeo, ha ammesso che “l’Europa sta attraversando un periodo travagliato e si trova ad affrontare quella che potrebbe essere una prova decisiva per la sua unità…Venticinque anni dopo la caduta della cortina di ferro, alcuni vogliono costruire in Europa nuovi muri e recinzioni, mettendo a repentaglio la libertà di circolazione.”
Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, ha affermato che l’Europa, più che un’articolazione di istituzioni, indicatori economici, unione monetaria è “unione di forze al servizio dell’umanità per costruire la pace che comincia nel quotidiano”.
Il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, da buon polacco, ha voluto fare una breve esegesi della parabola evangelica del buon samaritano, elogiando la chiesa di Papa Francesco che assomiglia più a “ un ospedale da campo che a una fortezza” e dichiarandosi “orgoglioso di appartenere all’Europa che non cessa di assomigliare a lei, Santo Padre. Se dovesse cessare di somigliarvi sarebbe ridotto ad un mero termine geografico e ad un vuoto politico”.
Fin qui le allocuzioni delle istituzioni. Subito dopo ha parlato papa Francesco, di cui vorremmo illustrare, in un’altra occasione, l’alto e pur concreto pensiero. Ci limiteremo oggi a una semplice annotazione: i discorsi della “triade” europea sono infarciti di orpelli retorici, mentre l’intervento pontificio è quello di un vero e convinto (come si dice!) europeista.
I ruoli si sono invertiti: gli uomini adoperano un linguaggio aulico per nascondere le loro passate magagne, il profeta guarda lontano, indica strade da compiere per raggiungere mete che possono sembrare remote. I moniti moralistici e pedanti non guardano in faccia la realtà e chi li pronuncia ricorrono a artificiose sicurezze per nasconderla. In chi, viceversa, guarda alla sostanza dei problemi, ai valori perenni e alle domande della gente si trova il sapore genuino dell’autenticità, premessa necessaria per dare un senso al nostro procedere nella storia.
Tutti ormai siamo capaci di diagnosticare i mali dell’Europa, ma ci sarà un medico capace di guarirla?
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