C’è chi prova a contarli sapendo che la stima sarà sempre deficitaria rispetto al reale: sono veramente tanti i pellegrini che salgono al Santuario del Sacro Monte specialmente nel mese di maggio. Noi non contiamo, ma preferiamo affacciarci con la fantasia e vedere, ammirate e silenziose, quell’intimo dialogo che si tesse con Maria. Un dialogo da cuore a cuore che è il cuore (scusate il gioco di parole) degli armoniosi cori dei grandi pellegrinaggi parrocchiali come dei timorosi sguardi di sparuti pellegrini inginocchiati sull’ultima panca.
Dolci occhi quelli di Maria, occhi solo immaginati da lontano sentendo la carezza di quello sguardo che conosce e fa suo senza bisogno di tante parole. E quando invece le parole fluiscono abbondanti in un doloroso sfogo, o in tanti arrabbiati perché, le sue orecchie attente non si spazientiscono, né si volgono altrove: ascoltano e accolgono, ascoltano e comprendono, ascoltano desiderando vincere ogni solitudine. E quando l’innocenza dei bambini si rivolge a lei, il suo sorriso materno risplende riconoscendo il suo Gesù in quelle domande tanto semplici, in quell’affidamento tanto puro.
Il sorriso è la parola scritta sulle sue labbra, un sorriso che non argomenta con tanti discorsi, si limita a mostrare che per ogni donna ed ogni uomo c’è uno sguardo d’amore che da sempre e per sempre accompagna e custodisce. Lei ne fu investita a tal punto che ogni altro sguardo impallidì. Nessuno sguardo poté insinuare in lei il timore che fa chiudere nella sterile difesa di ciò che è proprio. Nessuno sguardo poté convincerla ad inorgoglirsi ammirando se stessa fino ad annegare in un’irreale visione del mondo fatta a propria immagine. Nessuno sguardo poté convincerla del fatto che qualche fratello fosse irrimediabilmente perduto, indegno di amore e di perdono. Nessuno sguardo poté insinuare nel suo cuore, in mezzo a tante prove e sofferenze, che era un errore fidarsi di Dio. Un unico sguardo la investiva e la colmava, uno sguardo che le mostrava tutto come luogo dell’incontro con Dio: Dio, infatti, era quel bambino generato nel suo grembo che cresceva con lei anche grazie al suo amore. Da sempre Maria incrociava quello sguardo che domandava di lei, “da sempre Maria è stata preparata dall’amore del Padre per essere Arca dell’alleanza tra Dio e gli uomini” (Papa Francesco, Misericordiae vultus, n. 24).
Lei, umile serva, si è lasciata guardare e, ricolmata da quello sguardo, contempla in ogni uomo l’opera di Dio e la racconta, la canta. È un’opera umile quella di Dio, un’opera che, nel silenzio e nella piccolezza, si fa serva della nostra libertà per chinarsi con amore sulle nostre miserie, disperdere la superbia del nostro cuore, ricolmare con la consolazione della sua vicinanza ogni nostra solitudine, mostrarci nel succedersi delle generazioni una storia di perdono e di fedeltà… un’opera umile e silenziosa capace di compiere le promesse… Maria ne conosce il segreto e lo indica a quanti si rivolgono a lei: mostra il frutto del suo grembo che dona il vino della vita a quanti ascoltano e compiono la sua parola, che si piega nelle sofferenze di ogni uomo fino a morirne, che ci apre alla speranza di una vita nuova accolta dall’alto…
Tante parole dice Maria con il suo sorriso e il suo sguardo accogliente, parole che non si odono, se non nel segreto del cuore. Noi impariamo dalla nostra beata Giuliana a rivolgerci a Lei per ogni nostro fratello, per ogni figlio suo e, come accadeva a Giuliana, guardando ammirate quell’intimo dialogo che si intesse davanti a Lei, il nostro cuore si colma di letizia riconoscendo in quella donna la trasparenza dello sguardo di Dio. Così Maria, l’umile fanciulla di Nazaret, è divenuta Regina del cielo e della terra, Arca dell’alleanza tra Dio e gli uomini.
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