Oggi esiste, per la prima volta in millenni di storia, un problema comune a tutto il mondo; un problema che non conosce barriere, confini nazionali, linguistici, culturali, religiosi o di appartenenza: l’ambiente e la sua salvaguardia sono il reale, concreto ed universale nodo con cui bisogna e bisognerà confrontarsi, pena la sopravvivenza del genere umano nella nostra casa comune, così come la definisce Papa Francesco nella sua enciclica Laudato sì.
Un problema enorme sul quale ho già scritto diverse volte su RMFonline. Vorrei rimarcarlo ancora una volta perché, se è vero che il nostro contributo di piccola comunità non può che essere limitato di fronte alla sua globalizzazione, è anche vero che tante gocce insieme possono fare un oceano e che, se non si inizia dall’orto dietro casa, non si può poi pretendere di arrivare ad una soluzione. Le dimensioni universali e la gravità del problema non possono essere prese ad alibi per posticipare, per delegare, per nascondere la testa nella sabbia e far finta di non vedere o passare la peppa tencia a chi verrà dopo o al Governo centrale.
Non mi soffermo su dati e cifre già note ai più; tengo solo a ribadire che Varese, nel suo piccolo, ha superato nel corso dell’anno per decine di giornate il limite consentito per legge di inquinanti dell’aria; la nostra città si distingue poi per una percentuale di riciclo pari al 65 %; non ha alcun centro per il compostaggio dei rifiuti verdi; non ha mai impostato un serio e programmato piano d’interventi per le energie alternative tant’è che nessun edificio pubblico o scuola comunale vede installati sul proprio tetto pannelli solari o fotovoltaici; nessun autobus comunale utilizza energie alternative, nessuna iniziativa è presa a disincentivare il traffico privato come poche sono le misure per ridurre gli scarichi inquinanti delle caldaie negli edifici pubblici. L’amianto su tetti di molti immobili comunali (Macello Civico, Centrale del latte, scuole e palestre) non è stato ancora rimosso e per di più si trova nel pericoloso stato di avanzato sfaldamento e degrado. Insomma, l’attuale amministrazione non si è certo distinta nell’opera di portare un esemplare contributo a contenere le problematiche ambientali. Ci si limita, tutt’al più, perché lo impone una legge, ad istituire blocchi all’ingresso della città quando i limiti d’inquinamento vengono superati. Bastasse quello! L’assessore di turno rilascia di volta in volta interviste con buone intenzioni che tali rimarranno e tutto finisce lì, nella trepida attesa di un vento o di un acquazzone che risolva per un paio di settimane il fastidi. Ci si affida insomma al classico stellon e si incrociano le dita!
E per nostra fortuna Varese è città ricchissima di alberi e di spazi verdi, privati per lo più, che contribuiscono enormemente e gratuitamente a ridurre i tassi d’inquinamento e le polveri sottili nell’aria.
Ritorno sull’argomento in queste frenetiche giornate di campagna elettorale, ricche, come non mai, di promesse e del tutto; pochi però si soffermano su questo problema se non con generiche intenzioni di buona volontà ocon la proposizione di iniziative slegate e singole. Ben altri sembranoessere gli argomenti forieri di voti e consensi elettorali.
Ribadisco ancora una volta che Varese dovrebbe fare dell’ambiente il proprio mantra; per ambiente non intendo solo il verde, i parchi e i giardini. Sarebbe troppo limitativo; il mio pensiero e la mia visione vanno ben oltre un’ aiuola o un nuovo parco; non possono essere compartimentati alla mia esperienza professionale.
Varese può e deve divenire l’eccellenza italiana dell’ambiente. La mia ambizione e il mio sogno sono quelli di vederla al primo posto nelle classifiche nazionali; ma – si badi bene – prima non solo nei risultati tecnici conseguiti ( qualità delle acque, dell’aria, riciclo, autosufficienza energetica, eccetera ), ma anche in vetta all’eccellenza ambientale culturale. Varese città dell’ambiente porterebbe anche un dovuto ritorno economico agli investimenti tecnici eseguiti. L’ambiente infatti non migliora solo qualità della vita,ma può riportare risorse e quattrini a chi vi ha investito. Questo è il punto chiave del mio pensiero e della mia proposta.
Con l’ambiente ci si può mangiare, eccome. Attorno vi possono ruotare l’occupazione (nuovi e tanti posti di lavoro), nuovi rami industriali ed artigianali, sicuramente d’eccellenza, nuovi corsi di studio portati avanti dalla nostra università, cultura,turismo e attività sportive.
Quindi al via subito con tavoli tecnici programmatici, via con start up innovative nel settore (molti sono i progetti europei da saper e voler cogliere), via con un assessorato dedicato che sappia raccogliere le tante eccellenze tecniche e professionali del nostro territorio scelte però per meriti e non per appartenenze, via da subito alla realizzazione di un centro di compostaggio degli scarti verdi – che a Varese sono davvero tanti e non possono essere considerati un rifiuto, bensì una ricchezza -, via alla messa in rete con altri Comuni limitrofi delle eccellenze ambientali, perché l’ambiente non ha confini comunali e l’unione, attorno al capoluogo allargato, fa la forza e di certo la differenza. Insomma via alla visione di Varese 2030 la Città in un Giardino e non più la Città Giardino. Questo è il mio augurio a chi sarà chiamato ad amministrare la nostra amata Varese.
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