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Cultura

BARASSO, LA NATIVITÀ NELLA CHIESA

PAOLA VIOTTO - 03/02/2012

Nel pieno del Medioevo, quando sulle strade d’Europa si muovevano pellegrini e commercianti, religiosi e soldati, ebbe origine una fitta rete di ospedali, destinati a dare loro ricovero. Perché “ospedale” nel senso originario del termine significa appunto luogo che dà ospitalità, prima ancora che luogo di cura.

Varese, borgo a vocazione commerciale su percorsi stradali che univano Milano alle Alpi, nel 1173 si dotò di un complesso ospedaliero dedicato a San Tommaso Beckett, situato a sud dell’abitato, in un luogo ricco di acque e detto per questo “ad novem fontes”. Era il Nifontano, antenato diretto e glorioso dell’attuale Ospedale di Circolo.

Ma nello stesso periodo, e forse anche prima, a giudicare dalle evidenze architettoniche, nacquero altri due ospedali meno noti, quello di San Bartolomeo a Ponte di Arcisate sulla strada della Valceresio e quello di Sant’Ambrogio a Molina di Barasso, sulla strada per il Lago Maggiore. Proprio quest’ultimo è tornato in questi mesi all’onore delle cronache grazie al restauro di un bell’affresco della Natività conservato nella sua chiesetta. Gli ospedali medievali nascevano infatti dalla concezione cristiana di carità ed accoglienza, e le loro costruzioni erano raggruppate intorno ad una corte che aveva come elemento principale proprio la chiesa, con un ingresso verso l’interno del complesso e uno verso l’esterno. La cura di queste istituzioni, fondate da singoli benefattori, o in alcuni casi dalle comunità locali, veniva normalmente affidata a gruppi di frati.

Non sappiamo il nome del fondatore dell’ospedale di Molina, che aveva posto la chiesa sotto la protezione del vescovo di Milano. Dei frati conosciamo soltanto un nome, quello di Alberico, che nel 1181 era il “magister”, cioè il responsabile dei confratelli. Poi i documenti tacciono ed è probabile che Sant’Ambrogio abbia perso la funzione di ospedale, per diventare una semplice cappella a servizio degli abitanti di Barasso. Gli archivi hanno restituito soltanto qualche nome dei cappellani, appartenenti a famiglie locali come i Bossi o i Bianchi di Varese, ma è certo che la chiesa continuò ad essere curata ed abbellita. Alla fine del Cinquecento, quando San Carlo venne qui in visita pastorale, trovò che l’edificio, a differenza di molti altri nei dintorni , era in buone condizioni e che anzi svolgeva quelle funzioni parrocchiali che sarebbero in realtà spettate alla chiesa più grande di San Martino, tanto da essersi dotata di fonte battesimale.

I verbali di visita ci dicono anche che aveva l’abside tutta dipinta, ma di questi affreschi sono rimaste solo poche tracce, tra cui una figura cinquecentesca di sant’Ambrogio. Altri affreschi devozionali, probabilmente seicenteschi si allineano sulla parete meridionale: tra essi la Madonna di Loreto, san Cristoforo, san Rocco e san Michele. La riscoperta e il restauro dell’affresco con la Natività, collocato all’interno di una nicchia e nascosto da un muro più tardo, aggiunge quindi un tassello prezioso alla storia del luogo.

È anch’essa un’immagine di gusto devozionale, che possiamo immaginare commissionata da qualche modesto benefattore, forse una donna, come Maria Bai o Orsola di Garabiolo, che nel loro testamento lasciarono alla chiesetta delle somme per la celebrazione di messe di suffragio. Ma se lo stile del pittore è abbastanza popolare, il tema raffigurato, quello di Maria che si inginocchia davanti al Bambino appoggiato a terra su un lembo del suo mantello, si riallaccia a una grande tradizione teologica. La Vergine per prima riconosce che quel bimbo è Dio, e adora Colui che ha generato, deposto nudo in terra ad anticipare la futura deposizione dalla croce. Stupisce quindi che un’immagine così densa di significati sia stata occultata per tanto tempo dietro ad un muro, prima di essere riscoperta dalla restauratrice Maria Pia Navire. Ma si tratta solo di una delle tante domande aperte sulla storia della chiesa, e che si spera potranno trovare risposta in un prossimo studio.

 

Nelle foto: la chiesa di Molina di Barasso ed alcuni affreschi nello stato precedente i restauri

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