Anche se a qualche candidato non piacerà l’espressione, a mio avviso il futuro nuovo sindaco di Varese dovrà essere un po’ leghista. Aggiungo un “della prima ora” e mi spiego. Leghista nel senso di avere come stella polare la valorizzazione delle radici e del territorio, l’orizzonte al quale 24 anni fa i lumbàrd annunciavano di voler puntare, salvo smarrirsi nel mare delle occasioni perdute. Lo dico chiaramente e senza problemi: ho votato Lega in qualche circostanza (alle politiche, alle regionali e alle amministrative nel paese dove ora vivo), ma non ho difficoltà ad ammettere che rimango profondamente basito quando sento un Matteo Salvini incensare questo (quasi) quarto di secolo di governo cittadino del Carroccio.
Fatto salvo tutto quello che volete, dalle spending review, a Roma ladrona (ma a Roma non c’è pure la Lega, da un bel po’?), a quell’immortale e velenoso burosauro chiamato “Sistema Italia”, al fatto che è sempre più difficile governare che pontificare dall’esterno, agli oggettivi ostacoli che un amministratore di oggi incontra (Attilio Fontana, persona per bene, me ne ha parlato spesso), a parte tutto questo, dicevo, rimane la sensazione che la montagna abbia partorito un topolino. Questo non significa la stroncatura a priori di coloro che, come Paolo Orrigoni, si apprestano a raccogliere il testimone (anche) della Lega. Ma è ineludibile che serva prima di tutto una svolta, operativa, decisionista, creativa, rispetto a tutti questi anni.
Il recupero delle radici, della voglia di fare, di restituire Varese a quella Grande Bellezza che ci apparteneva un secolo fa non è né opera nostalgica né illusoria. Io la vedo semmai come un’opportunità per adeguarsi alle sfide del terzo millennio e per agganciare un futuro di rilancio a un passato che è un errore culturale ritenere morto e rancido.
No, la molla sta proprio lì. Servono secondo me cose semplici ma pratiche e banalmente d’impatto, per dettare un abbrivio. Varese è diventata una città sudicia, mal tenuta (date un’occhiata ai manti d’asfalto di certe vie o a certi marciapiede e poi ditemi se è accettabile tutto ciò), con sacche di degrado che giungono al cuore del centro storico. La prima emergenza è questa: riportare il contesto a un minimo di normalità e di decenza, liberandoci dai graffiti con azioni preventive e repressive (resto dell’idea che, come esistono i volontari della sosta, devono esistere ronde regolari che se non altro scoraggiano gli autori degli sgorbi; sottolineo: i professionisti delle scritte insulse e selvagge, non certo i pittori di strada che potrebbero anzi abbellire non poche zone), bastonando senza pietà chi rilascia monnezza varia (i sacchetti con il chip non sono forse uno strumento di lotta?), recuperando quel basic dell’educazione pubblica e civica che pure qui è andato scemando.
L’ambiente crea la gente: è un vecchio adagio, ma è più che mai attuale. Da questa piattaforma può e deve partire la riscossa, le cui caratteristiche stanno in un libro tutto da scrivere, immaginando che le progettualità di Tizio non siano quelle di Caio o di Sempronio. Ma questo è relativamente importante. Posto che non si potrà arrivare a tutto, qualunque indirizzo si scelga (privilegiare l’urbanistica, i temi del lavoro, il cosiddetto “sociale”? Ciascun candidato avrà la sua visione) sarà comunque positivo.
Personalmente, pur sottolineando che ritengo corretto il concetto di una rinascita che deve partire dal centro ed espandersi per ideali cerchi concentrici, io punterei sulla valorizzazione dell’asset Lago-Montagna, per il quale manca ancora un piano organico nonostante ci siano state iniziative anche importanti (i vari eventi di canottaggio, ad esempio). Ribadisco che alla voce “Montagna” latita colpevolmente, nei programmi di tutti gli aspiranti sindaco, la questione Campo dei Fiori, che continua ad essere clamorosamente trascurato a differenza del Sacro Monte: mi rifiuto però di pensare che diventi un “caro estinto”, con quella grazia di Dio che ospita.
Di chi si appresta a correre per la prima poltrona di Palazzo Estense, ho conosciuto di persona solo Davide Galimberti: mi pare dunque corretto non giudicare nessuno – tra l’altro, come già detto, non potrò votare -, anche se il candidato della sinistra mi ha dato l’idea di essere preparato e competente sul piano amministrativo. Ma nemmeno questo, per quanto l’aspetto sia cruciale, è decisivo. Il nuovo sindaco di Varese? Prima di tutto abbia uno spirito da battaglia, di amore e di servizio per una città chiamata a rimontare, nonostante i tanti “tutto va bene madama la marchesa” che ho udito di recente.
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