Il mio amico prete … il mio amico prete è una gran bella persona. È unico. Vuol bene a tutti ed è “andato a farsi prete” perché da giovane era invaso da troppo amore. Tutto qui: troppo amore per gli altri, per il prossimo… ed è quello per cui è stato giudicato un fallito dagli occhi del prossimo. Attualmente nella nostra società si considera uomo di successo colui che nella vita ha tante cose, bella casa, auto fuori serie, ricchezza, è ambìto da belle donne, riverito da tutti, generalmente più invidiato che stimato.
Il mio amico invece è stato un disastro nella vita. Non ha avuto nulla di ciò che fa parte del “successo” e ha avuto anche tante sofferenze inflitte da tutti quelli che non hanno saputo capire la grande carica che c’è nel suo animo, nel suo cuore. Lui ha sempre sorriso a tutti, anche a chi gli faceva del male, a chi lo disprezzava perché povero prete. Molti lo hanno sfruttato e poi gli hanno reso “pan per focaccia”, come si suol dire. Ma lui non ha mai spento il suo amore.
Ci sono persone che hanno “lo zio prete” che magari è stato anche la loro fortuna: un tempo lo zio prete importante era in grado di procurare valide “raccomandazioni”, olio essenziale nella vita della società di quasi tutte le contrade italiane. Ora i preti hanno un po’ meno peso nel consorzio umano.
Il mio amico invece troppo invaso dal suo amore non ha mai contato molto, anzi quasi niente. Ad un certo punto della sua vita è stato anche parroco, ma di una delle parrocchie più piccole della nostra diocesi e forse la più povera.
Da quanto detto può sembrare che il troppo amore lo abbia reso un po’ “un fesso”, lo abbia come accecato nei confronti della realtà che lo ha circondato. Invece no! Assolutamente no. I suoi occhi hanno sempre visto la sofferenza del prossimo ed estremamente sensibili l’hanno vista anche in quelli in cui non compare, in quelli che vanno “contro la legge” dei ben pensanti. I suoi occhi sanno vedere la grande sofferenza che c’è nei poveri, in quei dignitosi che nascondono la loro povertà, nei drogati, nei ladri, nei violenti, in quelli che sembrano non avere assolutamente amore in nessuna misura, in quelli che apparentemente sembrano felici, che mostrano un successo che invece è assente. Ha saputo vederla nei sofferenti nel corpo e nella mente, nei terrorizzati di fronte alla fine incipiente, di fronte alla malattia che non lascia speranza in questa vita breve, unica, misteriosa, che tanto ci prende, che tanto ci fa felici a tratti, che tanto ci fa soffrire.
Lui con la sua fede, con il suo sorriso ha cercato di rimediare alla sofferenza, eternamente presente nella vita, senza dare false speranze (tentazione facile quando si è di fronte a disperati) ma dando quello che lui aveva ed ha: l’amore vero, sincero, senza ritorno.
Il mio amico ora è anziano. Va avanti nella sua vita austera e sobria, ma generosa nel suo tanto amore. Va avanti a soffrire perché gli altri non sanno apprezzare, non sanno capire che è l’amore che solo può salvare, può dare un senso a questa strana esperienza che è la vita. È solo l’amore che può portare la cosa essenziale al nostro esistere: la pace. La pace interiore che genera la pace nelle relazioni umane.
Lui vede i pericoli, i difetti che impediscono la pace e li segnala a chi dovrebbe provvedere per salvarla, i politici, ma in quelli non c’è la carica d’amore necessaria, per cui l’esistere del mio amico prete apparentemente sembra una battaglia persa. Ma lui ha vissuto e vive per questo e per amore va avanti anche se gli rimane poco tempo. Va avanti anche se il suo Maestro, il suo modello duemila anni fa, in un’era piena di violenza, per aver gridato che il significato della vita è nell’amore fu messo a morire nei tormenti della crocifissione.
È l’amore che fa sorgere quella che viene chiamata la vocazione per cui uno diventa prete? Forse è cosi. Come si chiama questo mio amico prete? Eh, non posso dirlo. Gli farei il più grande torto della sua vita perché per via del suo grande amore è anche umile.
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