L’udienza privata e speciale che Papa Francesco ha voluto concedere al CUAMM (Collegio Universitario Medici Missionari) di Padova, è stato davvero un momento di straordinaria partecipazione dove l’appartenenza a un gruppo che da 65 anni si spende per la cura dei più poveri, nel più povero continente del pianeta, ha toccato il massimo della condivisione umana e personale. Il Papa ha detto nel suo breve discorso che “…la salute non è un bene di consumo, ma un diritto che ciascun uomo ha sulla Terra”.
Un incontro davvero importante condotto egregiamente dal giornalista Piero Badaloni che ha intervistato una serie di appartenenti al gruppo di Padova impegnati negli ospedali dei vari paesi paesi africani dove il CUAMM è presente. Anche Gian Antonio Stella, pregiata firma del “Corriere della Sera” che ha curato un opuscolo distribuito agli ottomila volontari presenti presenti in sala Nervi, ha parlato dello storico direttore don Luigi Mazzucato appena scomparso, che dopo il fondatore Francesco Canova, ha condotto il CUAMM per 53 anni: “Un santo che non dava nell’occhio” lo ha definito Stella. “Un uomo che non aveva mai dato una caramella a un bambino africano, ma aveva speso la vita per la sua gente”. Ed è quella profonda misericordia tanto cara a Papa Bergoglio che si è respirata in sala Paolo VI (gente in piedi) in Vaticano, così forte come l’urgenza di dare ma anche di ricevere amore.
Anche per me è stato davvero un momento molto toccante. Un piccolo privilegio essere il presidente (uscente) del gruppo Varese: mi ha fatto sentire tutto l’orgoglio di far parte di questa città tanto apparentemente “fredda” quanto a volte sorprendentemente generosa. È stato un dono prezioso quanto inaspettato che il destino mi ha riservato dopo trent’anni di viaggi e di volontariato in Africa. Una esperienza ancor oggi meravigliosa che mi ha permesso di conoscere una parte di me che neanche pensavo esistesse, ma soprattutto mi ha permesso di venire in contatto con l’Africa “vera” e la sua incolmabile miseria. E questo è in sintesi è quello che ho provato in mezzo a tanti volontari di ogni età e di ogni estrazione sociale che hanno l’unico scopo di aiutare l’altro soprattutto se ultimo e indifeso.
Il Papa ha parlato di questi “santi dell’ultimo miglio” che ci chiedono aiuto per continuare il proprio lavoro, come ha aggiunto don Dante Carraro, il nostro splendido direttore che con le lacrime agli occhi e la voce rotta dall’emozione ha implorato il Papa di “camminare ancora con noi”. E questo essere stato davanti a Papa Francesco così vicino alla povertà, cosí umano e rivoluzionario, mi fa sentire un senso ancor più profondo di appartenenza e incoraggia a lavorare ancora di più sulla via della condivisione e dell’accoglienza.
E mi sembra ancora un sogno. E mi emoziono. E mi viene da piangere. E alla mia età sognare significa ritardare la vecchiaia e questo grazie ai poveri, ai derelitti che ho avuto la fortuna di incontrare in trent’anni d’Africa. L’enigma è grande, come i reparti di ospedali poverissimi in grado di fare ancora miracoli. Quelli dell’ultimo miglio, dove la terra rossa entra persino nelle sale operatorie. “Questa è la vostra porta santa” ha detto il Papa. “Il vostro lavoro è dove operate a curare gli infermi, come disse Gesù agli apostoli, “euntes infirmos”, curate gli ammalati, chinatevi sui più deboli e prendetevene cura”. Pensiamoci quando ci troviamo davanti ai profughi, nessuno di loro è venuto qui per rubare, ma per condividere con noi un po’ della loro umanità, dei loro bisogni, della loro cultura. Emozionanti infine anche le ultime parole del Papa che prima della preghiera ha esortato i quasi novemila presenti a “pregare anche per lui, perché Dio lo aiuti ogni giorno a diventare sempre più povero”
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