A fronte di tante filosofie sul terrorismo islamista, viene da chiedersi a che pro? Sì, perché una cosa è pacifica: non è certo questo il modo di tirare l’acqua al mulino della conoscenza. Per esempio, c’è chi colloca gli attentati di Bruxelles nel contesto di un terrorismo globalizzato, che colpisce in Belgio, come a Bengazi, Istambul, e Lahore (ecc…). Da qui l’arguta tesi paradossale che l’obiettivo principale del terrorismo islamista sia l’Islam stesso, che il terrorismo aspirerebbe a spaccare in due, fondamentalisti da una parte e moderati dall’altra.
Non una parola sul conflitto armato che dal 2003 vede una coalizione di Paesi europei affiancata agli Stati Uniti seminare distruzione, morte e instabilità a lungo termine in Medio Oriente! È dunque chiaro che un’analisi di tal fatta certo non produce conoscenza; è comunque tutt’altro che inutile. Infatti in questo caso serve a ricompattare la base mussulmana.
Leggo poi altri intellettuali occidentali, che intavolano discorsi sul terrorismo ugualmente arguti e paradossali: per esempio, la tesi che la madre del terrorismo islamista vada rintracciata nella religione stessa, nella fattispecie le religioni monoteiste. Ancora una volta silenzio assoluto su ciò che da tredici anni è sotto gli occhi di tutti e quindi dovrebbe essere assolutamente evidente. Quanto si divertirebbe il caro Guglielmo di Ockahm! Anche in questo caso, però, tutto ciò serve: così si ricompatta la base dei moderni sanculotti, per portare avanti la crociata laica in favore di una religione di stato: la democrazia. Come se il disastro che è la Libia di oggi fosse da imputare a qualche teocrazia.
E che dire di certi illustri esponenti dell’Europa cristiana le cui speculazioni sul terrorismo altro non riflettono se non una strisciante paranoia rispetto al dilagare di una religione che è ancora una cultura unanimemente condivisa, invece che soltanto una professione di fede globalizzata come la nostra?
Allora mi viene da pensare che filosofeggiare sul terrorismo è diventato un pretesto davvero utile per tanti, troppi. Un po’ come le “armi di distruzione di massa” di buona memoria, oggetto di infinite speculazioni ovviamente finalizzate non alla conoscenza, bensì a stuzzicare ataviche fobie, fino ad autorizzare una guerra tanto gratuita quanto vergognosa.
Oggi sappiamo bene che in Italia il terrorismo (quello degli anni di piombo) fu un fenomeno storico con delle motivazioni ben precise, comprensibili anche dai non molto intelligenti. Anche allora però c’era chi si esercitava in filosofie troppo intelligenti, tese a ricompattare l’Europa filo-statunitense contro il comunismo sovietico… Ma occhio che quest’ultima osservazione non è un’apologia dei cosiddetti “cattivi maestri” e delle loro truffaldine ideologie, bensì un ammonimento su quanto può essere utile (ieri come oggi) la filosofia il cui fine non è la conoscenza.
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