Quarant’anni fa, alle 21.10 del 6 maggio ’76, il terremoto sconvolse il Friuli, quarantacinque paesi vennero rasi al suolo. Ci furono quasi mille morti, più di centomila sfollati, diciottomila case distrutte, danni per 4.500 miliardi. Nominato commissario straordinario dal governo Moro, il varesino Giuseppe Zamberletti gestì l’emergenza e guidò le prime fasi della ricostruzione. Sarebbe successivamente diventato il “padre” della protezione civile italiana, ricevendo numerosi riconoscimenti per il lavoro svolto come ministro.
Dieci anni orsono uscì per le edizioni del Sole 24 Ore il libro “Se la terra trema” di Alma Pizzi, prima direttrice di RMFonline, in cui Zamberletti rievocò quei giorni, il sisma dell’80 in Irpinia e la presa di coscienza della necessità di dotarsi d’una struttura operativa di natura politica – e però fondata sull’apporto di migliaia di volontari – capace di affrontare simili eventi. Un’iniziativa che fece scuola altrove nel mondo e di cui Varese, che ha premiato Zamberletti con l’onorificenza municipale della Martinella del Broletto, va fiera.
Nella presentazione del volume Francesco Cossiga, ministro degl’Interni all’epoca della catastrofe friulana e grande amico di Zamberletti, scrive tra l’altro: «In me il ricordo di quei giorni rimane come una delle più alte esperienze non solo politiche, ma anche umane, della mia vita politico-amministrativa». Nella prefazione Riccardo Illy, a suo tempo presidente della regione Friuli Venezia Giulia, spiega che “…i giorni dopo il terremoto rappresentarono un caso esemplare di “federalismo solidale”. Proprio a quella esperienza si riallaccia la riforma delle autonomie locali approvata dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia. Con essa si attua infatti un sistema federale all’interno della regione, secondo i principi costituzionali di sussidiarietà, autonomia e adeguatezza: agli enti più vicini ai cittadini sono assegnate competenze ma anche risorse e responsabilità finanziarie adeguate, attraverso la compartecipazione diretta a una quota dei tributi riscossi sul loro territorio».
Alma Pizzi intervistò parecchi protagonisti di quel periodo tra i quali Ivano Benvenuti, che era stato sindaco di Gemona; Antonio Martini, consigliere comunale a Tolmezzo e assessore provinciale a Udine nel 1976; Gianfranco Moretton, assessore regionale alla Protezione civile e vicepresidente della Regione; Vittorino Meloni, direttore del Messaggero Veneto al tempo del terremoto. Proprio Meloni fu molto vicino a Zamberletti nel drammatico periodo dell’emergenza, comprendendo il ruolo cruciale che avrebbe dovuto svolgere il giornale. Il commissario straordinario gliene fu sempre grato, ricordando spesso le notti trascorse insieme all’Hotel Astoria di Udine a fare il punto della situazione dopo una giornata di massacrante lavoro e a predisporre i piani per il giorno successivo.
La testimonianza resa da Zamberletti a Pizzi resta fondamentale per conoscere da vicino ciò che accade quarant’anni fa e quali conseguenze ebbe sul futuro del Paese.
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