L’industria manifatturiera varesina è conosciuta da decenni, forse da secoli, nel mondo e ancor oggi si possono contare importanti aziende note per lo più in ambito settoriale.
Il marchio “Varese” probabilmente più conosciuto è stato quello veicolato per decenni dal Calzaturificio di Varese. Oggi uno dei pochi prodotti sopravvissuti è la “carta Varese”, carica di una storia bicentenaria.
Esiste una azienda francese di cosmesi di lusso che porta il nome “Varese” nel mondo: sono i Laboratori Stendhal di Parigi. Il fondatore dell’azienda, Roger Thirion, chimico di formazione, era un appassionato delle opere dello scrittore Henry Beyle conosciuto come Stendhal e ha scelto questo nome per la sua azienda nata nel 1949. Con questo abbinamento intendeva dare ai suoi prodotti un’immagine “sofisticata, femminile e raffinata”.
L’azienda fu la prima ad utilizzare l’olio di visone in cosmetica, nel 1952 fu la prima a proporre un trattamento anticellulite brevettato e fu ancora la prima a osare proporre un trattamento per il seno. Ha poi sempre proposto prodotti innovativi nei prodotti cosmetici di alta gamma.
Nel 1989 con la scoperta del Phytosome™ tratto dai semi dell’uva rilanciò la linea solare “Varese“ dedicata alla nostra città spesso apparsa nelle opere di Stendhal. La linea completa di questi prodotti solari ripropone continuamente il nome della nostra città.
In effetti Stendhal tra il 1811 e il 1828 fu diverse volte a Varese ed era così legato alla nostra città che aveva progettato il proprio matrimonio, poi non avvenuto, proprio qui l’1 maggio 1831. Ecco qualche ricordo varesino. Il legame con Varese s’inizia il 24 ottobre 1811 quando si incammina alla volta del Sacro Monte per incontrare Angela Pietragrua, conquistata nel settembre a Milano, dopo undici anni di amore non dichiarato; scriverà nel suo Journal: “Ho pensato solamente che se mai volessi vivere qualche mese in mezzo alla natura, dovrei stabilirmi a Sant’Ambrogio, un miglio oltre Varese, che è una piccola città, come Sant’Ambrogio è un villaggio”.
In data 25 luglio 1817 racconta la visita al Convento del Sacro Monte: “Penetriamo in un nobile convento (o di nobili?), situato su una rupe isolata. Gentilezza della signora Staurenghi, la badessa, credo. Le scale all’interno del convento sono in marmo nero; noto che sono quasi interamente consumati dalle scarpe di corda di queste povere religiose. Che begli occhi hanno brillato invano e perduto il loro splendore in questa pomposa prigione! – Andiamo a pescare del pesce persico sul lago di Varese…” (Ndr: pesce persico è in italiano nel testo).
Una lettera datata Varese 14 novembre 1818 annota: “Ho trovato un po’ di consolazione nella chiesa della Madonna del Monte…”. Il 30 agosto 1820 in una lettera indirizzata all’amico barone De Maistre, ricorda un soggiorno prolungato nella nostra città: “Sono stato ammalato… Mi sono tranquillizzato soggiornando quindi giorni al fresco a Varese, con l’amabile Schiassetti (cantante lirica), che cantò per me tutta la sera; fa quello che vuole con la sua voce… sa trenta opere delle quali ha interpretato il ruolo principale…”.
Nelle “Memorie di un turista”, pubblicate nel 1838, ha modo di fare l’elogio, anche se topograficamente impreciso, dei portici di Varese: “La prima necessità di una città (si riferisce a Chambery ) è di avere portici dove si possa passeggiare in pace quando tira vento o piove… Varese, in Lombardia, Brescia, etc., hanno eccellenti portici a destra e a sinistra del teatro, portici bassi dove la pioggia non può penetrare, qualunque sia la forza del vento. Un posto così comodo diventa subito un luogo d’incontro di tutti quelli che si annoiano e vogliono distrarsi in un giorno di pioggia; si aprono dei caffè, dei negozi di lusso, dei gabinetti letterari, e si passa là un’ora o due quando
tira la tramontana o quando ci si annoia a casa propria”.
Il 15 novembre 1828 stende uno dei suoi numerosi testamenti, per quanto ci riguarda scrive: “Regalo tutto quello che possiedo a Milano al signor Buzzi di Varese, al presente domiciliato in Porta Nuova a Milano… (signor) Buzzi, nato a Vigia (corretto dal curatore dell’opera completa in Viggiù) abitante a Milano”.
Il testamento dell’ 8 giugno 1836 è noto in quanto detta la famosa iscrizione (in italiano) da apporre sulla sua tomba :
“QUI GIACE ARRIGO BEYLE MILANESE VISSE, SCRISSE, AMÒ” 1783 – 18..e contemporaneamente conferma la solida amicizia con Buzzi nuovamente citato: “Lego la mia biblioteca di Milano al s. Luigi Buzzi di Vigano (Viggiù) (attualmente Strada di Porta Nova, Milano)”. Varese avrebbe dovuto onorare in modo più sentito questo suo ammiratore, ricordato purtroppo solo in una trasversale di viale Europa.
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