I lettori che prendono il traghetto per Intra o quelli che si affacciano sul lungolago di Laveno si saranno chiesti cosa sia quella specie di fungo grigio (anzi, quei funghi) che da un po’ di tempo caratterizzano la “skyline” di Verbania.
Presto detto: i funghi (anzi, i “sassi”) sono il nuovo teatro cittadino che nelle prossime settimane il ministro Franceschini inaugurerà là dove precedentemente c’era l’arena scoperta, alla foce del torrente San Bernardino.
Una storia lunga e controversa quella del teatro di Verbania che da 50 anni infiamma il dibattito cittadino subito dopo che nel 1960 – correvano altri tempi ed altri gusti! – venne abbattuto quel gioiello che era il teatro “Sociale” di Intra che aveva appena compiuto il secolo di vita. Diversi ordini di palchi, la platea, un teatro alla Scala in miniatura che meritava il restauro, ma i proprietari – ovvero i discendenti delle famiglie-bene di Intra che l’avevano costruito intorno a metà dell’ 800 e ne erano i comproprietari – decisero che era meglio realizzare un bel condominio e al più lasciarci un cinema, il “Sociale” appunto, recuperando così un buon valore immobiliare.
Pochi protestarono e le funzioni di teatro vennero assunte dal vicino Cinema Impero trasformato negli anni ’70 in teatro (il “VIP”) dotato di 600 posti e buone attrezzature.
A cavallo del nuovo secolo il comune avrebbe avuto la possibilità di acquistarlo da un fallimento e con poco la struttura sarebbe stata sistemata ma la giunta di allora (di sinistra) optò per costruirne uno nuovo in piazza del Mercato dove nel frattempo una tendostruttura offerta dalla “fu” Banca Popolare di Intra cercava di rimpiazzare le necessità.
Il concorso internazionale per il progetto fu vinto dal gruppo spagnolo con capofila l’architetto Perez Arroyo suscitando non poche critiche per le sue modernissime linee architettoniche. Dalle polemiche alla politica il passo è breve perché il centro-destra (con in testa il sottoscritto, allora deputato) sostenne che non era logico costruirlo in quel punto, all’interno della città, sostenendo che andava fatto semmai occupando l’area degradata esistente sul bordo del lago trasformandolo in uno “start up” turistico per tutto il Verbano.
Campagna elettorale arroventata quella del 2009, vittoria del centro-destra al primo turno con la mia elezione a sindaco e il mio primo atto amministrativo fu – come avevo promesso – di bloccare la progettazione esecutiva dell’opera che in piena campagna elettorale l’allora sindaco Claudio Zanotti aveva confermato ad Arroyo.
Con lo stesso progettista – e mantenendo le principali caratteristiche dell’opera – si arrivò nel 2010 ad un accordo prevedendo la “traslazione” del progetto là dove oggi è stato realizzato.
Nel frattempo l’Unione Europea aveva lanciato un bando per il recupero delle aree degradate dei capoluoghi di provincia ed approfittando di un finanziamento per l’opera a fondo perduto di oltre 10 milioni e con l’aiuto di Fondazioni e banche il nuovo teatro – ed altre 11 opere di completamento – sono state realizzate quasi a costo zero per l’amministrazione comunale.
In questi anni non sono mai mancate le polemiche a parti rovesciate, ma l’opera è proceduta spedita e sta per essere inaugurata sottolineando che l’idea non è di realizzare un semplice teatro da 600 posti ma un “Centro Eventi Multifunzionale” (da qui l’acronimo CEM) con una sala estensibile fino a 900 persone, spazi per bar e ristorante, discoteca, spiaggia e un anfiteatro all’aperto per oltre 2500 posti da utilizzare nella stagione estiva.
La linea architettonica vuole richiamare i sassi grigi del lago e del fiume mentre verrà realizzato anche un parcheggio inserendo la struttura nel parco già esistente di Villa Maioni, dove ha sede la biblioteca civica.
La scommessa è ora sul come far funzionare questa struttura, con le polemiche che hanno accompagnato anche la scelta del nome visto che un concorso con 64 concorrenti non ha portato a una scelta e la giunta comunale della sindaco Silvia Marchionini (a Verbania dopo le mie dimissioni è tornata una giunta di sinistra) ha deciso per conto proprio di chiamarlo “Il Maggiore”.
Una bella sfida per la città, ma nessuna novità per gli storici: anche 160 anni fra, al momento in cui si decise la costruzione del teatro di Intra, le polemiche furono roventi e durarono un decennio, ma alla fine il “Sociale” aveva accontentato tutti. Per il “Maggiore” si vedrà.
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