Nei mezzi di comunicazione di media e grande stazza ci sono molti cronisti specializzati, hanno uno spessore culturale richiesto anche dai temi che affrontano, dalle rapide e convincenti analisi che devono offrire ai loro lettori.
Nei media di provincia – la storia del giornalismo italiano lo dimostra – sono professionalmente cresciuti molti di questi veri talenti. Non ci sono grandi traguardi per tutti nelle carriere e coloro che per ragioni varie non lasciano il nido se non raggiungono le vette degli emigranti di lusso si regalano pur sempre una completezza professionale rassicurante, tale da garantire pure a loro di eccellere se dovessero essere chiamati nel circuito della grande stampa. Varese ha avuto e ha cronisti di entrambe le categorie: lo posso affermare tranquillamente scrutando il mio mondo professionale dal cocuzzolo di una quantità di anni ammucchiati nella trincea della cronaca, scomoda più di quanto non si possa immaginare e dove si fanno pure errori di mira.
Gli errori ci sono per tutti, nessuno è immune, per i giornalisti diventano dolorose lezioni di vita quando noi si procura un danno ad altri.
Ogni regola ha le sue eccezioni: nell’ambito sportivo e politico sono da tutti tollerate le nostre notevoli licenze dettate dal tifo o da personali pregiudizi ideologici. È il giornalismo più tribolato in termini di credibilità, ma raccoglie adesioni e incitamenti dai lettori ultras di sport e politica.
La mia è dunque una categoria per molti versi apprezzabile, ma con gli immancabili difetti di ogni attività umana. A tutti i protagonisti della comunicazione scoccia sempre e molto riconoscere di avere commesso un errore, ma il fatto che da lungo tempo nelle aule di giustizia varesine non si registrino processi per diffamazione la dice lunga sull’attendibilità dell’intero gruppo degli scribi È capitato che qualche volta sia affiorata una richiesta di rettifica per notizie non di grande impatto pubblico, ma è anche capitato che dalle istituzioni non sia arrivata risposta alle reiterate critiche del cronista perché giudicate irrilevanti o fuori tema. La qualcosa può essere peggio di una richiesta di rettifica.
È una situazione su misura per il sottoscritto che, sempre pensando di fare gli interessi della comunità, per anni, in più occasioni e già ai tempi del sindaco Fumagalli, criticò aspramente la giunta comunale per non avere barattato il raddoppio dell’area del parco della Schiranna con una lottizzazione residenziale a Mustunate, dove i privati hanno realizzato un sito che richiama valori ambientali oggi molto apprezzati e che rispetta la tradizione della quiete agreste di un tempo.
È un luogo recuperato dai privati anche per esaltare presenza e attività di un amicissimo di Varese, il cavallo, e allora ha una attrattiva in più: oggi nei giorni festivi è meta di molta gente che vuole respirare aria buone e godersi un luogo distensivo perché Mustunate non ha perso l’antica sua magia ed è sempre molto accogliente.
Nei giorni scorsi un viaggio nella memoria mi ha indotto alla revisione delle mie valutazioni di un tempo sull’offerta dello scambio di aree fatta alla città e che la giunta ritenne di respingere senza dare pubblicità alla sua scelta. Approfondimenti, letture, un mio sopralluogo festivo, un incontro con un esperto di ambiente e urbanistica, infine alcune verifiche con un abitante di Mustunate attendibile per la grande conoscenza dei problemi, mi hanno messo in difficoltà: sbagliavo tutte le volte che criticavo sindaco e giunta per non avere accettato il baratto. Oggi il piccolo borgo è l’ultima area verde di una notevole importanza della nostra città e la lottizzazione, anche se non enorme, avrebbe inciso negativamente su tutto l’ambiente.
Ho importunato Palazzo Estense, mi scuso, e subito ai nuovi civici amministratori che da giugno si faranno carico delle sorti della nostra città, segnalo invece due problemi, uno piccolo, l’altro immenso, che riguardano Mustunate e la Schiranna. Confermo la sparizione, già segnalata anni fa, della targa stradale a Mustunate dedicata a Barnaba “Peppino” Frongia, sindacalista, uno dei primi comunisti d’Italia, amico di Longo e Berlinguer, un ribelle di natura, non sempre d’accordo con il suo partito, ma uomo di puri ideali, che concluse da noi la sua vita, per anni trascorsa prima in Sardegna, lavorando in miniera già a 14 anni poi come ramingo antifascista ricercato e come tale vivendo precariamente in varie città italiane. Può darsi che sia stata trovata alla targa che lo ricordava una nuova sistemazione: quella originaria era forse avventurosa, collocata come era all’ingresso di un sentiero che porta al parcheggio di un ristorante. Se nulla invece ricorda Peppino Frongia si può ovviare all’ennesima toppata di chi gestisce la toponomastica.
Al sindaco che verrà segnalo pure un’impresa difficilissima se non impossibile ma pur sempre vitale: ristabilire i contatti con i proprietari dell’area confinante con il parco della Schiranna per verificare se è possibile la ripresa di un dialogo per il raddoppio dell’area in riva al lago. Il parco della Schiranna è un luogo amatissimo dai varesini, per non pochi di loro il grande verde in riva al lago assieme al Sacro Monte rappresenta la meta annuale di vacanze che diversamente sarebbero povere di ore e di giorni di vera serenità.
I proprietari dell’area adiacente al parco della Schiranna hanno già dimostrato in passato grande sensibilità sociale e con le loro iniziative, in più settori vincenti, hanno onorato Varese. A Mustunate c’è una chiesetta con una Madonna dei poveri. Ci scappasse il miracolo…
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