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Da millenni l’uomo ha trovato nelle piante preziosi alleati per l’igiene e la salute del suo corpo, ed anche dello spirito. Già nei secoli passati i primi medici utilizzavano foglie, fiori, radici a scopo curativo. Ma le buone erbe sono state utilizzate anche in cucina a scopo gastronomico per elaborare o insaporire deliziose ricette.
Erba di casa mia? Meglio dire, di casa nostra. E qui nella provincia varesina ci sono piante officinali, aromatiche e commestibili da consumare crude e cotte. Crescono un po’ dappertutto: lungo fiumi, ruscelli intorno ai laghi, nei prati, colline e boschi.
Ora il tarassaco (dente di leone, soffione, piscialetto) è già in piena fioritura e non è raro trovare campi trapuntati dei loro fiori di un bel giallo squillante. Poi i fiori si trasformano in quei caratteristici palloncini di peluria che tanto piacciono ai bambini i quali vi soffiano sopra (da qui anche il nome di soffione), sparando i semi lontani. Ma fino a fine marzo i germogli ancora teneri, sono speciali per preparare ottime insalate depurative e disintossicanti, una vera e propria terapia primaverile. Con le sue proprietà depurative e antinfiammatorie, è un ottimo alleato nella cura delle malattie legate al fegato. Scopriamolo dunque meglio.
I “radicchi” selvatici di questa pianta comunemente chiamata “insalata matta”, “cicoria” o anche “piscialetto” a causa delle sue proprietà diuretiche, favoriscono l’eliminazione delle scorie (zuccheri, trigliceridi, colesterolo e acidi urici) rendendo il tarassaco una pianta epatoprotettiva, indicata in caso di insufficienza epatica, itterizia e calcoli biliari. Ottima in insalata consumata cruda e come verdura cotta ha un gusto simile alla catalogna. In tempo di guerra e nell’immediato dopoguerra le radici del tarassaco venivano tostate insieme all’orzo per fare un succedaneo del caffé che si vendeva con l’etichetta “miscela Leone”, forse ispirato all’altro nome di questa pianticella: dente di leone. Le nostre nonne erano solite mescolare il caffè a detta miscela, per farlo durare più a lungo.
La pimpinella (o pimpirinella o silvestrella). La pimpinella contribuisce a mantenere il benessere dell’individuo a 360 gradi, dalle singole cellule all’intero organismo. Rinforza in caso di spossatezza, affaticamento, malattie croniche, riscalda lo stomaco e l’addome. Va mescolata ad altre insalate insaporendo il misto col suo caratteristico gusto un po’ pizzicorino.
Non è raro trovare al Parco del Ticino, presso ruscelli e canali, la tenera e gustosa valerianella (songino o soncino), in ciuffetti più piccoli di quella domestica a cui assomiglia molto, ma certamente migliore e assai più saporita. Ottima nelle insalate di mesticanza, ha proprietà organolettiche. La valerianella cresce in terreni pietrosi, o al riparo di muretti e va raccolta prima che vada in canna e faccia i fiorellini.
Dappertutto, sui bordi dei prati, ai margini del bosco, vi imbatterete nell’erba cipollina dai lunghi filamenti grigio-verdi. Potete sradicarla con i suoi bulbilli dal caratteristico odore acre di cipolla e trapiantarla nei vostri giardini, facendo attenzione che non si propaghi troppo, dato che è infestante: sarà senz’altro migliore di quella che comprerete già pronta nei flaconcini nei reparti “erbe aromatiche” dei supermercati. Potrete così insaporire formaggelle fresche di crescenza, carni e pesce con erba…a chilometri zero.
Se fate una passeggiata a Campo dei Fiori, noterete sui costoni i germogli rossicci degli Asparagi selvatici di montagna. Ma attenzione: è una prelibatezza vegetale assai ricercata e i germogli non fanno in tempo a sbucare dal terreno, che già ci sono occhi acuti e ben allenati di raccoglitori, pronti a spezzarne la cima e a infilarli nei sacchetti. Ottimi bolliti e poi gratinati al burro con formaggio grattato e uova.
Più facile trovare i bruscandoli, ovvero germogli di luppolo selvatico che predilige ambienti freschi e terreni fertili, cresce spontaneamente sulle rive dei corsi d’acqua, lungo le siepi, ai margini dei boschi, in pianura, si arrampica nelle recinzioni degli orti. Molto buoni per fare risotti e per preparare gustose frittate coi suoi germogli.
Andar per erbe vuol dire camminare, tornare alla lentezza, rara prerogativa dei nostri tempi; significa pensare mentre si cammina, guardando e riflettendo su ciò che ci circonda. E perché no? Anche a contemplare il paesaggio nel tripudio di luci dell’equinozio primaverile, traendo nuove energie dalla natura in festa.
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