Nel primo altare a sinistra della chiesa di Santo Stefano a Velate è conservata da domenica 10 aprile la reliquia (un piccolo frammento osseo) del beato Carlo I di Asburgo-Lorena-Este, ultimo imperatore d’Austria e re d’Ungheria. È il dono che l’arciduca Martino d’Asburgo, pronipote per parte paterna dell’imperatore e per parte materna del duca Amedeo di Savoia-Aosta, eroe dell’Amba Alagi, ha donato al parroco don Adriano Sandri. Si trova nella cappella del Crocifisso che la famiglia Giulini di Milano fece restaurare per ringraziamento alla fine della Grande Guerra (un Giulini fu sindaco di Velate alla fine dell’Ottocento).
È una reliquia che fa riflettere. L’imperatore Carlo I d’Austria fu beatificato il 3 ottobre 2004 da Giovanni Paolo II e ora potrebbe diventare santo. Sposato con Zita di Borbone-Parma e padre di otto figli, era stato uno dei protagonisti della prima guerra mondiale che papa Benedetto XV aveva tentato invano di fermare e che opponeva inizialmente le forze dell’Intesa (Francia, Gran Bretagna, Russia, Italia e alleati) agli Imperi Centrali (Austria-Ungheria, Germania e alleati), con la mobilitazione di 65 milioni di uomini e l’impiego per la prima volta di carri armati, aeroplani e sommergibili.
Il pontefice aveva tuonato contro “l’orrenda carneficina che disonora l’Europa” e condannato “la più fosca tragedia dell’odio umano e dell’umana demenza”. Aveva continuato a scongiurare i popoli e i governi perché affrettassero la pace, inutilmente. L’Austria non risparmiò l’uso dei gas asfissianti nelle battaglie dell’Isonzo e a Caporetto contro le trincee del Regio Esercito italiano e la guerra ebbe un tragico bilancio finale di otto milioni di morti, venti milioni di feriti, devastazioni, debiti e fame. Ciò che è peggio, i trattati di pace non superarono le rivalità nazionali che erano state all’origine della guerra, creando le premesse per ulteriori conflitti.
Carlo I era diventato imperatore a ventinove anni con la morte di Francesco Giuseppe il 21 novembre 1916, a conflitto iniziato, per effetto della precoce scomparsa dell’erede designato Francesco Ferdinando d’Asburgo, assassinato a Sarajevo. Accogliendo i moniti di Benedetto XV cercò la pace separata con Londra, Parigi e Roma. Non riuscì nell’impresa ma in patria provò a ridurre gli effetti della tragedia: istituì un ministero che oggi diremmo del welfare, organizzò cucine pubbliche per sfamare il popolo, utilizzò i cavalli e le carrozze di corte per rifornire di carbone i viennesi, soccorse i bisognosi di tasca sua. Virtù eroiche, secondo la Chiesa.
Nel 1918 la guerra prese una piega favorevole all’Intesa su tutti i fronti con il decisivo apporto degli Stati Uniti intervenuti nel ‘17. Il 4 novembre, a Vittorio Veneto, lo Stato maggiore austriaco si arrese al generale italiano Armando Diaz mentre gli alleati sfondavano sulla Marna, ad Amiens, sulla Somme, nelle Argonne. Perduta la guerra, a Vienna i deputati abrogarono la monarchia. L’imperatore Carlo I, dopo un tentativo di trasformare l’Impero in uno Stato federale con quattro regni nazionali (Austria, Ungheria, Polonia e territori iugoslavi), l’11 novembre 1918 abdicò e fu proclamata la repubblica in Austria e in Ungheria. Le varie nazionalità si davano governi autonomi e il vecchio Impero asburgico cessava di esistere.
All’imperatore non restò che la via dell’esilio. Riparò in Svizzera poi a Budapest sognando la restaurazione e fu infine costretto all’esilio a Madera, isola portoghese, con la moglie, sette figli e uno in arrivo. Il 1° aprile 1922 una polmonite se lo portò via a trentacinque anni, poco tempo dopo la fine dell’Europa degli imperi. Scrive Paolo Pasqualucci, già ordinario di filosofia del diritto nella facoltà di giurisprudenza a Perugia e docente di storia delle dottrine politiche a Roma, Napoli e Teramo: “Nonostante sia stato un nostro pervicace nemico, merita rispetto per le qualità di uomo, padre di famiglia, soldato, per la grande dignità e la forza d’animo con la quale sopportò l’esilio”.
Fu una vittima “dell’inutile strage”, come la definì Benedetto XV? La Chiesa non ha dubbi: Radio Vaticana annunciò l’apertura del processo di beatificazione il 3 novembre 1949 regnante Pio XII e gli atti furono consegnati alla Congregazione dei Riti il 22 maggio 1954. Il 3 ottobre 2004 papa Woytjla disse beatificandolo: “Il compito decisivo del cristiano consiste nel cercare in tutto la volontà di Dio, riconoscerla e seguirla e l’uomo di Stato e cristiano Carlo d’Austria si pose quotidianamente questa sfida. Ai suoi occhi la guerra appariva qualcosa di orribile e, unico fra i responsabili politici, appoggiò gli sforzi per la pace di Benedetto XV”.
Domenica 10 aprile, dopo l’affollata cerimonia della reliquia a Velate, lo storico Ivo Musajo Somma ha tenuto una conferenza a Villa Cagnola dedicata a Carlo e Zita (a sua volta riconosciuta dalla Chiesa “serva di Dio”) mettendo in risalto il forte carattere della vedova che tirò grandi da sola otto figli. Il vicepostulatore della causa di canonizzazione di Carlo I, monsignor Arnaldo Morandi, ha aggiunto che sulla beatificazione voluta da papa Woytjla pesò il fatto che il padre, sottufficiale dell’esercito austriaco, nel 1920 gli avesse dato il nome Karol proprio in omaggio all’imperatore sotto il quale aveva militato.
A Carlo d’Austria è attribuito un miracolo postumo. Nel 1960, trentotto anni dopo la morte, una suora che lo aveva implorato in preghiera guarì da un grave male circolatorio. Per la canonizzazione servirebbe ora un secondo miracolo e l’arciduca Martino ha spronato i presenti a raccogliere testimonianze: “Ora tocca a voi”, ha detto. Don Eros Monti, direttore di Villa Cagnola, osserva: “La santità può rivelarsi in ogni condizione della vita, non c’è solo la santità di preghiera, di carità, per aver fondato un Ordine o una congregazione. Santa Gianna Beretta Molla era una madre di famiglia, Giuseppe Moscati un medico. Ci sono santi laici e potrebbe esserlo, perché no?, anche un imperatore”.
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