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Attualità

PROGRAMMA PER LA SCUOLA

ARTURO BORTOLUZZI - 15/04/2016

scuolaRiprendo una proposta lanciata qualche tempo fa a uso e consumo particolarmente del preside del liceo classico di Varese perché abbia a perorare (speriamo di trovare con questo scritto argomentazioni utili per farlo), nonché a caldeggiare il ripristino dell’antica e gloriosa “educazione civica”, collegandola a un insegnamento della filosofia di nuovo modello. Mi ero rifatto allora a uno scritto di Roberto Balzani sulla Domenica del Sole 24 Ore. Quella proposta non è stata assolutamente coltivata e nemmeno ho ricevuto una cortese risposta.

Ora sono mosso a batter di nuovo la stessa strada da due articoli appena usciti: il primo, sul Corriere della Sera di Attilio Oliva presidente dell’Associazione TreeLLLe, l’altro, riguardante il dibattito delle idee sulla Lettura del Corriere della Sera.

TreeLLLe ritiene che la scuola debba operare evitando gli opposti pericoli della neutralità e dell’indottrinamento. Per districarsi tra i tanti messaggi dissonanti cui i giovani sono esposti, sembra opportuna l’adozione di una “Pedagogia della controversia”. Nella sua pubblicazione “Educare e vivere con gli altri nel XXI secolo: cosa può fare la scuola?”, TreeLLLe formula proposte concrete sostanzialmente ispirate da un memorabile testo del filosofo Calogero (1956) “…E come volete che i giovani imparino ad essere buoni cittadini se non imparano a discutere?… quel che è importante è il nuovo modo di insegnare discutendo in comune… E questo si può fare soltanto quando si ha abbia agio e tempo per la discussione… E non quando sia si è ossessionati dall’ansia di finire il programma “.

Di qui la proposta chiave di TreeLLLe: che tutti i curricoli scolastici prevedano un tempo specifico per l’educazione alla cittadinanza (sessanta ore obbligatorie all’anno), non di lezioni, ma di attività interattive su temi di etica pubblica per fare ricerche o prodotti di gruppo per uscite sul territorio; che si affidino queste attività ad un insegnante che non insegui altro anche se in sinergia con i colleghi.

Dove trovare il tempo? Nella scuola secondaria, per esempio, attingendo in tutto o in parte alle 50/60 ore di assemblee per gli studenti, così da restituire a quel tempo il senso educativo che si è ormai quasi perduto. Dare voti? Sì affinché questa attività sia presa sul serio dagli studenti. Questa proposta non ha costi aggiuntivi, è già praticabile con le norme attuali e si potrebbe sperimentare subito.

È stato, quindi, spontaneo rifarmi all’articolo di La Lettura. Questo tratta del mezzo più alto per poter dibattere. Nella Lettura, quattro universitari (tra cui una brillante nipote) interrogano lo studioso di Platone, Mario Vegetti (autore dei miei testi scolastici di Filosofia), a partire dalla nuova storia del pensiero antico di cui è direttore scientifico. Conoscere la cultura classica, serve a prendere le distanze dal mondo in cui viviamo. E ci aiuta a combattere le pressioni conformiste che nella polis venivano dall’urlo della folla, oggi dalla tirannia dei sondaggi.

Vegetti, chiarisce dalle prime battute, perché il liceo classico possa essere, secondo il mio pensiero, una ideale palestra dove i giovani possano dibattere. La filosofia classica non cessa di meravigliarlo per via della ricchezza delle discussioni e idee (alcune grandiose, alcune bizzarre, altre folli) proposte dagli antichi in fatto di etica, politica, metafisica, teologia, cosmologia.

È un ventaglio immenso di tesi rivali. Ciò è avvenuto perché la filosofia antica è stata la prima e per certi aspetti anche l’ultima forma di pensiero che si è sviluppata senza presupporre un libro sacro, una rivelazione, un’autorità di riferimento.

Nella Polis c’era una pressione immediata perché ci si parlava a faccia a faccia. Oggi la spinta al conformismo passa attraverso i media. Platone scrive nel libro VI della Repubblica che chiunque abbia a che fare con la folla e le proponga programmi politici opere letterarie o artistiche, deve uniformarsi ai suoi voleri.

A me, dice il filosofo, quel passo fa venire in mente i sondaggi. Qualunque politico oggi, prima di assumere una proposta, commissiona un sondaggio per verificare l’orientamento. Il posto che aveva l’urlo della folla nelle assemblee ateniesi è stato preso dalle indagini di opinione il cui terribile effetto consiste nel registrare una normalità che diventa subito normativa: tutti la pensano così e quindi così bisogna fare. È un’enorme inganno. Di fronte alle chiacchiere che dominano la scena pubblica.

C’è lavoro che la filosofia può e deve fare a partire dalla scuola e mettere ordine nel modo di pensare. Viviamo in un momento di grande disordine mentale si parla per slogan, frasi fatte, iterazioni retoriche. Ci si confronta con gli strilli, le urla, gli insulti. Anche le persone in buona fede faticano a costruire un ragionamento che abbia pretese di validità generale. Se sostengo una tesi devo definire quali argomenti la possono convalidare di fronte all’interlocutore e, invece, quali eventualmente permetterebbero di confutarla. Ma se mi limito a ripetere degli slogan, il mio è un atteggiamento oppressivo. C’è quindi un bisogno disperato dell’ordine mentale che solo la filosofia può dare.

Faccio mie le parole di Mario Vegetti: “Il mio parere personale è che ogni cittadino ha l’obbligo morale di partecipare alla vita pubblica. Ciò vale anche per filosofi. Mi sembra più dubbio che l’intellettuale in quanto tale (non come cittadino, ma come persona dotata di una speciale competenza) possa svolgere un ruolo diretto in politica”.

“Spesso di fronte a problemi concreti non so che pesci pigliare – dice Vegetti –, perché da filosofo tendo a considerare le ragioni di entrambe le parti in conflitto. Così prendere una decisione diventa difficile per cui di solito è una scelta morale non una riflessione filosofica che ci fa inclinare per una soluzione o l’altra”.

Ripropongo, ancora, il mio invito al preside del liceo classico di Varese: si invitino i candidati della campagna elettorale di Varese a un confronto con gli studenti in un’assemblea aperta a tutti gli studenti del liceo.

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