Secondo una delle più antiche leggende furono le oche col loro starnazzare alto e ripetuto a salvare il Campidoglio dall’invasione dei barbari. Viene da pensare che qualche cosa di simile in tempi molto più recenti accadde a Varese grazie al documentato intervento di un’altra famiglia animale, quella degli equini.
Correva uno dei primi anni sessanta del secolo scorso e sul tavolo di una allora prestigiosa commissione urbanistica del Comune di Varese giunse in modo assai soft una proposta-bomba come si trattasse dell’edificazione di una palazzata condominiale in via Roccacannuccia. Costruire un nuovo ippodromo con tutte le annesse pertinenze, piste, stallaggi eccetera, nella piana di Capolago lasciando l’immenso meraviglioso sedime dell’Ippodromo delle Bettole alla costruzione di una avveniristica Varese2 sulle ali del successo ottenuto per la mitica Milano2.
Nessun costo a carico del Comune, una permuta alla pari. Non si comprese, o meglio si cercò di comprendere, come mai la Giunta Comunale non si fosse subito pronunciata e non avesse immediatamente bocciata una proposta dirompente per il passato, il presente e l’avvenire della Varese Città giardino. Qualche timida giustificazione in realtà venne data: l’ippodromo pur di proprietà comunale era in concessione pluriennale alla società Varesina Incremento Corse Cavalli. Si sentisse la concessionaria, del resto storicamente esperta sui problemi di gestione dell’impianto. Per quanto fosse dato di sapere, i pareri erano divisi all’interno della Varesina allora retta da magnifici signori come Virginio e Carlo Curti. Signori con la esse maiuscola. Avevano portato a rilevanza mondiale la loro industria dei risi, partita da Gemonio, ed in campo ippico erano i patron della Novella, allevamento in quel di Malnate e scuderia vincente su tutte le piste.
I pareri sull’operazione erano discordi. Bellissimo il pensiero di operare su impianti modernissimi, ma la responsabilità di distruggere un bene come quello delle Bettole nessuno era disposto a prendersela. Tutti “avanti tu che a me scappa da ridere” a cominciare ovviamente dai politici delle Giunta.
Che dietro il tutto si nascondessero enormi interessi finanziari-immobiliari era facile capirlo, ma nessuno voleva uscire allo scoperto. Si parlava di promotori milanesi operanti dietro la potentissima Trenno, la società in possesso degli enormi impianti di San Siro. Gente che sapeva come gestire i propri affari. Anche ambienti varesini certamente interessati se ne stavano al coperto. Il notaio Luigi Zanzi, deus ex machina di molte importanti realizzazioni turistiche, se ne pose subito fuori. A suo parere le Bettole potevano essere trasferite ma collocate nella piana di Cantello (quella che produce i succosi asparagi) per favorire afflussi degli svizzeri del Canton Ticino.
La questione divenne tecnica. Indiscutibile la facilità di accesso viabilistico di un impianto posto a Capolago in prossimità del termine autostradale con Milano. Affascinante la prospettiva la avere un impianto modernissimo, con piste per il galoppo e per il trotto che garantissero gare praticamente durante tutto l’anno. Poi gli stallaggi, gli allevamenti, le piste di allenamento e quant’altro occorre e vive nei centri ippici.
Come sempre si scontrarono favorevoli e contrari. Soprattutto richiamando lo scibile del mondo equino ed ignorando cosa sarebbe stata la Varese del futuro, la città dei varesini, con montagne di cemento alle vecchie Bettole.
Giunsero man mano sui tavoli della commissione eruditissimi studi sui centri ippici di tutto il mondo a sostegno o meno dell’impianto a Capolago. Per la verità i poveri commissari, comprensibilmente analfabeti davanti alle problematiche dei purosangue, si movevano per sentito dire. Ad ogni argomento dei proponenti ne giungeva uno altrettanto valido dei contrari. Alla fine venne calato l’asso: l’ambiente di Capolago, umido e nebbioso anche nelle mattinate di agosto, era il meno indicato per allevarvi e farvi soggiornare gli equini. Soprattutto i puro sangue pare avessero un sistema respiratorio assai delicato: tosse e bronchiti assunte facilmente. Dunque meglio stare lontani da quei prati accanto al lago di Varese.
Furono veramente tosse e catarri equini ad evitare a Varese l’errore megagalattico di distruggere le vecchie Bettole e aprire la città ad una infamante speculazione edilizia?
Dalla proposta non se ne parlò più. Quando ne feci cenno all’amico Costantino, super esperto di cavalli e corse questi mi disse: “Ma va là… e perché mai i migliori allevamenti mondiali fioriscono nelle costanti brume e tra le nebbie irlandesi ed inglesi?”.
E sì, perché mai? Comunque grazie, grazie equini di tutto il mondo con le vostre bronchiti.
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