La mia amica Tina è una donna semplice, serena, dotata di un pragmatico buon senso, maturato negli anni di una lunga vita trascorsa tra i sacrifici del lavoro di cucitrice, in un laboratorio di sartoria, dove l’attività manuale prevaleva sull’uso delle macchine semi automatiche in uso qualche anno fa. Lavoro semplice ma raffinato, di sartoria di alta qualità. Le mani si muovevano veloci raggiungendo ottimi risultati, ma anche la lingua non stava ferma. Quando l’impegno del lavoro lo permetteva, si parlava e si discuteva di tutto, degli amori, degli impegni della vita, dei dolori, della felicità dell’una o dell’altra. Si poteva anche arrivare quasi a litigare, ma prima della fine della giornata l’armonia tornava nel gruppo. L’intensità della vita quotidiana non consentiva il mantenimento di tensioni troppo forti. Si doveva correre a casa, dove gli impegni della famiglia richiedevano altre fatiche: altri pensieri occupavano la mente, dai compiti dei figli alle incombenze dei vecchi, oramai con cervelli affaticati, ripetitivi, non più lucidi nel loro vivere.
La Tina ora ha un sacco di anni in più. La vita le ha permesso di avere anni buoni, anni meno buoni. Ultimamente il suo Gianni, suo marito, deve trascorrere il tempo inchiodato al divano con accanto il bombolone dell’ossigeno, per via dei polmoni distrutti dal maledetto vizio del fumo. Ma lei gli è stata accanto e lo ha aiutato a soffrire meno, a godere la limitata serenità di una vita che lentamente si sta spegnendo.
Ricorda di una sera, lui dentro casa a respirare faticosamente davanti al televisore, lei qualche momento nel giardinetto illuminato dal rosa intenso di un tramonto invernale. Un tramonto unico, con cimbri splendidi per una gamma infinita di sfumature di colore, dall’indaco, al viola, al rosso, al rosa, al giallo, alla luminosità del sole tramontato dietro il Monviso. Lei il Monviso non lo vede più ma sa che è dietro quel maledetto condominio nuovo. Ma la sua fantasia lo vede ancora, il suo “aguzzo” Monviso. Un tramonto così chissà quando lo rivedrà. Chissà quando sarà nuovamente nella sua bellezza che l’aveva costretta a correre in casa e dire al suo Gianni : “Gianni, ho visto Dio!”. “Non dire sciocchezze!”. “Se Dio c’è, non può essere che bello ed io nel tramonto troppo bello di questa sera senz’altro ho visto Dio”.
Nella sua semplicità la Tina ha pregato contemplando il tramonto. Ha pregato, lei miscredente e, da buona originaria emiliana, mangia preti. Dio è grande e bello, Dio che è in tutto e in tutti, nella vita bella o brutta. Lei è contenta perchè l’ha visto, a suo modo, ma l’ha visto.
La Tina sa anche altre cose semplici ma essenziali: i bambini vanno amati ma sopratutto rispettati. Lei l’ha provato sulla sua pelle. Il papà emigrato in Argentina, scomparso nel vuoto dopo una manciata di lettere. La cultura della società del paese le rinfacciava l’anomalia, la derideva per la mancanza di un papà che non andava a prenderla in bicicletta all’uscita da scuola come gli altri bimbi. E lei ci soffriva e quelli che hanno legiferato sulle unioni civili, secondo lei, non hanno capito niente, non possono aver capito, perchè da bimbi non hanno vissuto l’esperienza dell’abbandono che stanno attualmente vivendo i figli dei separati. Un bimbo non può non chiedersi: “Dov’è la mia mamma, dov’è mio papà”. La Tina lo sa, come gli psicologi che devono aiutare i bimbi adottati, che sentono all’origine dell’amore che li ha accolti, l’esperienza di un rifiuto, l’esperienza di un abbandono.
La Tina non sa giustificare gli innamorati di ugual genere che affittano un utero mercenario per vantare d’avere anche loro un figlio. Non pensano che, se la natura fa sbocciare la vita dall’amore tra due esseri sessualmente diversi, ci possano essere dei motivi molto, molto più profondi dell’intellettuale decisione di avere un figlio, che nasce da un artificio tecnico, dalla violazione dell’intimo di più esseri e non dall’amore, dall’affetto di due amanti di ugual genere? La Tina scuote la testa perplessa di fronte a certe cose, a certi eventi ed ha timore che da lì possano sorgere nuovi dolori. Lei sa che va rispettata anche l’ecologia dell’amore e cioè della vita e non solo l’apparente libertà del potere.
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