(O) Insisti ancora a difendere le ragioni del no al referendum, con tutto il pandemonio che è venuto fuori?
(C) uasi a maggir QQuasi a maggior ragione! Il manifestarsi delle strumentalizzazioni elettorali, in particolari interne al PD e all’area culturale che fa riferimento agli avversari di Renzi mi convince ancora di più della mia scelta. Sottolineerei la componente ‘culturale’, con un certo rammarico per dover usare questo nobile aggettivo, che non dovrebbe essere svilito a sinonimo di ‘pregiudizio ideologico’. Non la chiamerei nemmeno ‘cultura della decrescita felice’, che avrebbe il sapore di un nobile sacrificio. È la vecchia storia dell’invidia sociale, del pensiero fisso che ogni richiamo ad un interesse comune nasconda una truffa, che lo strapotere del capitale nasconda la bellezza di una vita agro-silvo-pastorale.
(S) Ma non ti rendi conto che ciò che resiste in Italia è proprio il ‘sistema-bellezza’, che si tratti di beni culturali, di paesaggio, di accoglienza, di moda, di cibo? Non bisogna far di tutto, magari rinunciando a qualche cosa, per non compromettere proprio questa immagine di terra del buon gusto? Dobbiamo puntare sul turismo e sulle eccellenze agroalimentari.
(C) Cominciamo dal turismo e diamo un’occhiatina ai dati sul turismo mondiale, sempre più deludenti per l’Italia. Il consistente regresso percentuale del fatturato italiano non deve essere attribuito a fattori di degrado ambientale, ma proprio alle disfunzioni dei servizi pubblici, all’arretratezza dell’offerta nel suo complesso. Il miglioramento dell’offerta turistica ha bisogno di interventi mirati, non di rinunce masochistiche a sviluppare quelle poche risorse naturali che supportano una industria manifatturiera che è pur sempre la seconda d’Europa. Ricordiamoci che una delle nostre eccellenze mondiali è costituita dal settore delle macchine utensili, esportate in tutto il mondo e che in tutto il mondo sono fattore di sviluppo e, (perché non ricordarlo?) di attenuazione della fatica del lavoro umano. O vogliamo sostenere la tesi che il sud non ha bisogno di industrie o, peggio, che è impossibile uno sviluppo industriale rispettoso dell’ambiente, naturale e antropico?
(O) Ma non è possibile accettare vicino a casa una trivella, una discarica, un inceneritore, un’ autostrada, un’ industria, un centro commerciale, un traliccio dell’elettricità, una pala eolica, una … ma tu sai quanto mi disturba una birreria che ho vicino a casa?
(S) Già, bastano due panchine in una piazza vicino alla stazione che diventa il regno di quelli là, quelli che … che nemmeno si possono chiamare con il loro nome, perché non è politicamente corretto. Insomma, non se ne può più, di tutto e tu, tu magari dici che è solo questione di educazione!
(C) È proprio questione di educazione, di cultura, anche di cultura della legalità e insieme di cultura dell’efficienza. Come mai le stesse cose non creano problemi, per esempio in Germania, che si permette di ricevere e di lavorare i rifiuti urbani di Napoli e dintorni, che ricicla i residui industriali nelle proprie strutture e non nella ‘terra dei fuochi’? Come mai qui nel Canton Ticino, a un passo da noi, hanno potuto costruire un gassificatore per i rifiuti urbani tra Bellinzona e Giubiasco, in una zona ad alta densità abitativa, senza sollevare una protesta né un’indagine della magistratura? Non credo che quella gente sia più sciocca di noi, evidentemente hanno motivo di fidarsi di chi li governa.
(S) Questo è il punto, meglio non fidarsi di nessuno. Se fanno una cosa è per il loro interesse, che non è il mio; quindi se posso dire no, dico no a tutto. Per principio, tocca a loro dimostrare che fanno le cose per bene. Tu guardi alla Svizzera: ecco che la ferrovia Arcisate – Stabio loro l’hanno già messa in esercizio e noi siamo qui ancora coi cantieri aperti e disagi continui da dieci anni.
(O) Chiami me ‘sognatore’, ma sei tu ben peggio. Noi non siamo né la Svizzera né Germania e non lo diventeremo mai. Rassegniamoci ai nostri limiti, accontentiamoci di essere il giardino d’ Europa, la terra del riposo per gli anziani pensionati come suggeriva Lenin un secolo fa. Meno ricchi ma più felici.
(C) Insisto, io invece insisto. Non mi rassegno al declino. E non parlo di declino industriale o economico, sono anch’io convinto che non sempre l’espansione economica sia un bene e che certi tassi di sviluppo interessano più alla finanza che alla gente. Oltretutto ho ascoltato, pochi giorni fa il famoso Cottarelli, quello del Fondo Monetario e della mai realizzata spending rewiew, spiegare ad un competente gruppo di imprenditori che tassi di sviluppo dell’economia mondiale superiori a quelli dello scorso decennio, crisi compresa, sono stati assai rari in passato. Quindi non è il declino economico che mi fa paura, ma quello umano, soprattutto quello delle relazioni. Questa diffidenza, questa difesa del particolare, l’Italia l’ha già conosciuta. È la malattia che ci ha colti già nel Rinascimento, quando alla grandezza delle arti e del pensiero e persino del gusto e del cibo (un po’ come oggi, allora furono i cuochi fiorentini portati a Parigi da Caterina de’ Medici a inventare la cucina francese) non corrispose una pari magnanimità nella politica e in tutte quelle espressioni di vita che osiamo chiamare virtù civiche. Non è uno sforzo della volontà che occorre, ma della ragione: tener conto di tutti i fattori, non solo di quelli che ci fanno comodo o di quelli che ci mettono paura, è più ragionevole che rinchiudersi in un interesse particolare.
(S) Affascinato dalla retorica renziana! A me invece sembra solo un ‘bauscia’, per dirla alla milanese. Non so come si dica in toscano, ma mi sembra un personaggio tipico di certa novellistica rinascimentale, non capisco come possa piacerti e come tu lo prenda ad esempio di razionalità.
(C) Infatti non sono affatto affascinato, capisco anche come la sua dialettica non conformista sia imbarazzante per i compagni di partito allevati alla scuola della Botteghe Oscure. Dico solo che ha capito quanto è necessario sbloccare oggi, non domani, gli investimenti pubblici e privati, per ridare energia e fiducia al Paese, a costo di commettere qualche sbaglio. Ma l’immobilismo è un male peggiore.
(O) Ho un’altra obiezione: hai sempre detto che bisogna partecipare ai momenti elettorali con impegno e serietà; ora però sei disposto a non partecipare al voto per far fallire il referendum. Ti contraddici.
(C) Niente affatto. Sono due faccende diverse. Nel caso delle elezioni politiche o amministrative puoi scegliere anche per approssimazione, privilegi chi ti piace un po’ di più, puoi persino valutare quale sia il male minore, il tuo voto vale anche per rafforzare una minoranza. Nel caso del referendum abrogativo, che cancella una legge esistente, votata dal Parlamento, è giusto che l’onere del raggiungimento del 50% ricada sui promotori. Quanto a me, fermo restando il mio no convinto, lo esprimerò in uno dei due modi possibili, quello più efficace, secondo la circostanza concreta.
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