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Storia

UN NODO INTRICATO DA SCIOGLIERE

LIVIO GHIRINGHELLI - 08/04/2016

POPPERAttorno agli anni Venti dal 1924 per opera del fisico e filosofo tedesco Moritz Schlick (1882-1936) cominciò a raccogliersi a Vienna un gruppo di filosofi, sociologi, logici e scienziati ogni giovedì sera. Il Circolo si scioglierà progressivamente con l’ascesa al potere di Hitler e l’annessione dell’Austria alla Germania nazista. Progetto internazionale e ambizioso di questo momento stabile di confronto era l’Enciclopedia delle Scienze unificate, elaborato a partire dalla metà degli anni Trenta a cura di Otto Neurath.

A introduzione programmatica l’articolo “La scienza unificata come integrazione enciclopedica”. “L’unificazione del linguaggio scientifico è uno degli scopi del movimento per l’unità della scienza”. Le prime due sezioni dovevano riguardare la metodologia delle scienze e fare il punto sulla situazione al momento delle scienze particolari nelle reciproche relazioni. Manifesto del gruppo il testo “La concezione scientifica del mondo “ di Hans Hahn, Otto Neurath e Rudolf Carnap. L’unificazione delle differenti discipline (in particolare la logica e la matematica) e la visione scientifica del mondo dovevano approdare a una “scienza unificata” come orientamento di fondo e indirizzo di ricerca. Tutto all’insegna della precisione e della chiarezza, respinte le oscure lontananze e le profondità impenetrabili (chiarificazione logica del pensiero).

Al fondo c’era un atteggiamento radicale di ostilità a ogni forma di metafisica, espresso in particolare da Carnap nell’articolo “Il superamento della metafisica mediante l’analisi logica del linguaggio” (1932- pubblicato su Erkenntnis). La metafisica e la religione sono prive di un contenuto concreto, che si riscontra e verifica invece nell’esperienza. Il Circolo di Vienna sostiene invece il principio di coniugare la nuova logica matematica con l’epistemologia di tradizione empirista. Una teoria può risultare scientifica quando i suoi enunciati teorici possono tradursi in enunciati osservativi, che si riferiscono a oggetti o proprietà direttamente verificabili (dalla sensazione ai pensieri più complessi). Di qui il principio di verificazione (Schlick, La costruzione logica del mondo, 1928, sistema di costituzione).

Il primum da stabilire è se la proposizione abbia significato (Significato e verificazione, 1936).La ricerca filosofica pertanto si sposta dal piano ontologico a quello linguistico. Nella “Svolta della filosofia” (1930) Schlick dichiara: Le scienze trattano della verità degli enunciati, la filosofia di ciò che gli enunciati significano.

L’incontro del 1919 con la fisica di Einstein induce Karl Popper a rifiutare come sistemi metafisici la psicanalisi di Freud, la psicologia individuale di Adler e la teoria marxista della storia. C’è per Popper il desiderio di trascendere il limite che ne determina l’impossibilità di verificarne la corrispondenza con la realtà. In contrasto con la logica induttiva, propria del neopositivismo del Circolo (perché non ha fondamento logico, l’induzione non esiste) Popper affermerà il criterio della falsificabilità. La scienza diviene così l’insieme delle proposizioni falsificabili. Si tende a una definizione solo per approssimazione infinita. Più la scienza esclude, più paradossalmente ci offre conoscenze scientificamente verificate attraverso una sequenza infinita di congetture. Occorre recuperare, se non il concetto di verità, quello della sua funzione regolativa. La teoria della verità diventa così quella della verosimiglianza, fondata sulla distinzione tra contenuti di verità e contenuti di falsità, mediante la sottrazione dei contenuti di falsità da quelli di verità.

Sul piano storico Popper fa coincidere l’idea di verità con l’accordo convenzionale che interviene tra gli studiosi su asserti definiti enunciati base indimostrabili e continuamente ridefinibili : qui il progresso. Le questioni epistemologiche usciranno così dall’ambito della pura metodologia.

La riflessione storica e politica di Popper muove da “Società aperta e i suoi nemici” (1945) e “Miseria dello storicismo” (1957). Egli rifiuta lo storicismo in quanto segnato da residui metafisici come l’essenzialismo e l’olismo (la realtà sociale è sempre una totalità irriducibile alle sue parti). Di qui il rifiuto dello storicismo a confrontarsi con un progetto di riforme, parziali,ma attuabili. La prima opera ci presenta il quadro di una società non perfetta, ma sempre perfettibile per approssimazioni. Si procederà mediante ipotesi politiche parziali e temporanee, difendendo il primato della libertà personale e favorendo lo sviluppo dello spirito critico. Onde l’ostilità verso tutte le insidie celate nei meccanismi mediatici anche nelle democrazie (“Cattiva maestra televisione” – 1994).

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