A dieci anni dalla morte che cosa rimane a Varese dell’appassionata attività di don Pasquale? Innanzitutto il ricordo della visita di Giovanni Paolo II il 2 novembre 1984 per la quale si prodigò quando era arciprete al Sacro Monte e il prezioso lavoro di promozione artistica e di restauro che portò avanti con Carlo Alberto Lotti tra il 1980 e il 1988; e poi l’eredità, non solo spirituale, che ha consentito alla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese, da lui istituita, di assicurare la manutenzione ordinaria e straordinaria all’amato luogo di devozione anche dopo la sua scomparsa.
Il Centro Espositivo a lui intitolato all’inizio del viale delle cappelle ne è la riconoscente testimonianza. Spiace però che questo piccolo e insolito “sito della memoria” con il suo corredo di sculture in bronzo, gessi, dipinti e incisioni di artisti contemporanei, calici, monete, medaglie e altri oggetti che celebrano l’arte, la fede e le sue liturgie non figuri nella bella collana delle sei Guide di Varesemusei, finanziata dalla Regione, con il castello di Masnago, villa Mirabello, i musei Pogliaghi, Baroffio, Castiglioni e i tesori della cripta.
Da Floriano Bodini a Emilio Greco, da Mario Sironi a Lello Scorzelli allo smaltatore Egino Weinert, il Centro Espositivo ripercorre il magico periodo in cui don Pasquale fu segretario personale di Paolo VI a Roma e insieme diedero impulso all’arte sacra nei musei vaticani. Tra gli oggetti esposti, c’è il pastorale realizzato per il pontefice da Lello Scorzelli, cui è dedicata un’intera sala con i gessi originali della Via Crucis e dell’Ultima Cena, commissionati per la cappella privata dell’appartamento pontificio che papa Montini inaugurò il 1° novembre 1964.
A dieci anni da quel 5 aprile 2006, Macchi è stato ricordato con una messa in santuario presieduta dal vescovo di Reggio Emilia e Guastalla monsignor Adriano Caprioli concelebrata dall’arciprete Erminio Villa, da don Piero Quattrini e don Gianni Pianaro, che per sette anni coadiuvò Macchi al Sacro Monte; un’occasione per riscoprire il carattere contemplativo e insieme dinamico, pronto a lanciarsi in nuovi progetti senza risparmio di forze, a soccorrere gli emarginati e la profonda spiritualità mariana espressa nel servizio pastorale a Santa Maria del Monte e da arcivescovo a Loreto.
A don Pasquale è dedicata la serata di martedì 19 aprile a Villa Cagnola dove nel 1996, di ritorno da Loreto alla scadenza canonica del settantacinquesimo anno d’età, era pronto un appartamento per accoglierlo e offrirgli una serena vecchiaia. Egli fece una scelta più radicale: decise di ritirarsi nell’ex convento benedettino alla Bernaga di Perego, nella Brianza lecchese, sede staccata del monastero varesino delle romite, dove custodì e fece conoscere, attraverso un’assidua collaborazione con l’Istituto Paolo VI di Brescia, la figura di papa Montini.
“Non bisogna dimenticare il rapporto molto stretto che legò sempre don Pasquale alla villa di Gazzada – conferma il direttore don Eros Monti – così come, prima di lui, questo luogo aveva attratto Giovanni Battista Montini quando era segretario di Stato durante la seconda guerra mondiale e, prima ancora di essere nominato arcivescovo di Milano nel 1954, aveva caldamente promosso la donazione della villa alla Santa Sede. La vedeva, infatti, come un luogo caratteristico di dialogo e di formazione dei cristiani impegnati nella professione, nella cultura e nel mondo”.
Fu Montini a inaugurare l’Istituto Superiore di Studi religiosi il 2 giugno 1960 quando era arcivescovo di Milano e al papa di Concesio è intitolata la Fondazione Ambrosiana Paolo VI che ha sede nella villa. Macchi, il fedele segretario entrato al suo servizio a Milano che lo seguì a Roma, si prodigò per promuovere il pensiero di Paolo VI trovando una naturale continuità nella villa; che ancora oggi ospita convegni e iniziative culturali a cui partecipano studiosi, laici e chierici di tutto il mondo.
Il 19 aprile alle 18.30, dopo l’introduzione del vicario episcopale Franco Agnesi, il prevosto di Varese Luigi Panighetti parlerà di Macchi pastore e uomo spirituale e don Angelo Maffeis, presidente dell’Istituto Paolo VI di Brescia, rifletterà sul dialogo tra fede ed arte. Laura Marazzi, conservatrice del museo Baroffio, chiuderà la serata illustrando l’eredità artistica che Macchi ha lasciato a Varese, dov’era nato il 9 novembre 1923.
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