Le Congregazioni hanno un’origine che inizia dopo il Concilio di Trento (1545-1563). Giuridicamente si differenziano dagli Ordini per la qualifica dei loro voti, cosiddetti “semplici”, rispetto ai voti “solenni” di quelli, sebbene identica resti la sostanza del contenuto.
Le Congregazioni religiose laicali sono, ad esempio, i Fratelli delle Scuole Cristiane, che si consacrarono all’istruzione dei giovani, alla predicazione o alla cura dei malati.
Più o meno nello stesso periodo sorsero le Congregazioni religiose clericali, cioè quegli istituti composti in maggioranza e governati da sacerdoti; prima solo chierici, poi anche laici, che vivevano in comunità dedicandosi all’apostolato e alle opere di carità. Tra costoro si annoverano Clarettiani, Dehoniani, Giuseppini, Maristi, Marianisti, Monfortani, Paolini, Passionisti, Pavoniani, Redentoristi, Rosminiani, Sacramentini, Salesiani, Saveriani, Scalabriniani, Stimmatini, Verbiti.
Molte di queste Congregazioni sono prioritariamente missionarie ‘ad gentes‘, cioè hanno come finalità la missione in terre dove il Vangelo è poco conosciuto e la Chiesa è in fase di avvio o di crescita e non ancora autonoma. Nell’emisfero femminile le ramificazioni giuridiche sono più semplici e limitate. Molto maggiori di quelle maschili sono, invece, le tipologie e le presenze.
La vocazione alla consacrazione pure per la donna è stata una costante nella storia della Chiesa. Anche le tipologie degli istituti femminili sono analoghe a quella maschile. “L’altra metà del cielo” conta oltre i tre quarti delle persone consacrate, anche se ha dovuto patire un secolare stato di minorità – se non di discriminazione – all’interno della Chiesa.
La storia della vita consacrata potremmo raffigurarla così: una interminabile teoria di uomini e di donne che attraversano i secoli, creando una continua catena di spiritualità. Sono educatori, missionari, maestri di dottrina, operai, medici, sociologi, apostoli della carità… Scoprono nuovi mondi, aprono nuove strade al sapere, alla cultura. Accettano, non di rado, il martirio. E allungano sempre più l’elenco dei santi.
Eppure, all’inizio degli anni Sessanta, prima che cominciasse il Concilio Vaticano II, la vita religiosa sembrava attraversare una fase di preoccupante staticità. Nonostante che monopolizzasse di fatto i settori dell’educazione cattolica, delle missioni e dell’assistenza negli ospedali, dava l’impressione di essere più che altro una “forza” di complemento, e quindi da tenere in riserva, da utilizzare nelle emergenze.
I religiosi, dal canto loro, non avevano ancora maturato l’esigenza di un vero rinnovamento. E fu proprio a questo che si appigliarono in Concilio i loro “avversari”, mettendo in discussione l’essenza stessa degli “stati di perfezione”. Poi le cose si sistemarono…
La professione dei consigli evangelici fu presentata, nei documenti del Vaticano II, come strada privilegiata verso la santità; e comunque venne meglio definita, trattandosi di uno “stato” proprio, diverso sia da quello clericale sia da quello laicale. Finito il Concilio, si avviò il processo di aggiornamento, e subito rivenne fuori l’impreparazione della “base”, se non la contrarietà, a cambiare costumi ormai radicati nella pratica quotidiana.
You must be logged in to post a comment Login