(C) Oggi ci allontaniamo un po’ dalla scabrosa materia del terrorismo islamico, nonostante la tragedia avvenuta in Pakistan e l’obbligo morale di non dimenticarla e nemmeno di ridurne la portata ad una faccenda locale, perché non c’entra con l’ISIS. Oggi parliamo del referendum cosiddetto ‘no trivelle’.
(O) Perché ‘cosiddetto’?
(C) Perché in realtà non proibisce le trivellazioni di ricerca di gas e petrolio entro 12 miglia dalla costa, come si favoleggia, ma tende a proibire il rinnovo delle concessioni di sfruttamento già operative, quando verranno a scadere.
(O) E va bene così! Chi ha avuto, ha avuto, sapeva della scadenza, ha fatto i suoi conti e i suoi guadagni, sempre qualcuno è pronto a dare una mano ai petrolieri, adesso basta.
(C) Posso capire che ci sia un risentimento, che viene dal passato, dalle raffinerie costruite sulle coste più belle d’Italia, posso capire che ci sia la paura di un disastro ambientale come quello del golfo del Messico. Ma qui si tratta di tutt’altro. C’è un’attività in corso, ben collaudata e produttiva, che consente un notevole risparmio valutario, riducendo la necessità di importare dall’estero le materie energetiche e di alimentare autonomamente una notevole industria, sia di produzione, sia di servizi.
(S) Questa volta sto con Onirio. Certe cose è sempre meglio non averle tra i piedi e se si possono chiudere o allontanare, tanto meglio. Lasciale fare certe cose agli arabi, ai russi e agli americani, tanto noi non ci guadagniamo niente, né come ricchezza, né come indipendenza. Se le regioni hanno promosso questo referendum, vuol dire che hanno fatto i loro calcoli, che gli sta bene.
(C) Anche questo argomento non mi convince, anzi mi puzza d’intrigo politico. Ci vedo un motivo d’imbarazzo per il governo, sapientemente alimentato dalle opposizioni, quelle in Parlamento, di destra e di sinistra, e quella interna del partito, apertamente catalizzata da Emiliano, il presidente della Puglia.
(S) Da quando inclini al complottismo?
(C) Emiliano l’ho sentito con le mie orecchie, alla radio. E leggetevi le interviste.
(S) Vabbè, ma dimmi perché non dovremmo favorire le fonti rinnovabili, a costo di penalizzare le altre, fossero pure prodotte sul territorio nazionale.
(C) Buona la prima, favorire le rinnovabili, a certe condizioni ed entro certi limiti. La prima condizione è che gli incentivi siano un aiuto iniziale all’investimento, per portare quella tecnologia ad un certo sviluppo, da poter competere nel mercato, senza introdurre distorsioni permanenti. È stato invece il caso del fotovoltaico, dove gli incentivi promessi sono serviti a strapagare la corsa all’acquisto a pannelli di produzione cinese, di scarsa qualità, con singolare beneficio per l’economia di quel paese, non del nostro. Ricordiamoci, inoltre, da chi è stato pagato l’incentivo: dal consumatore italiano, privato o industriale che ha pagato l’energia a un prezzo più caro. Un altro bel ‘beneficio’ per l’economia. Comunque, questo giochetto è stato possibile proprio grazie al fatto che il costo complessivo dell’energia è stato contenuto da quello basso dell’energia tradizionale. Aggiungo una considerazione sulle bioenergie: non debbono sottrarre acqua e terra fertile alla produzione di cibo, ma utilizzare solo i cascami delle produzioni agricole e la coltivazione di terreni altrimenti improduttivi.
(S) Quindi penalizziamo le fonti fossili, limitate ed inquinanti.
(C) Non ce n’é nemmeno bisogno. Nucleare e carbone si escludono da sé. Nucleare per ragioni politiche ed emotive, forse deboli, ma popolari. Il carbone sarebbe la fonte decisamente più abbondante, con riserve immense, e meno costosa. Potrebbe anche essere anche pochissimo inquinante, quando fosse dotata di tutti gli accorgimenti ambientali per proteggere il territorio circostante. Ha l’handicap di produrre CO2, che dovrebbe essere ‘compensata’ con un assorbimento a distanza, mediante forestazione controllata. Un procedimento troppo complesso per farlo gestire dalla politica italiana. Quanto a penalizzare petrolio e gas, la provenienza, estera o nazionale, fa una differenza enorme, essenziale. Non trovo aggettivi, devo ricorrere a un paragone volgare: rinunciare alla produzione interna è come quel tale che per fare un dispetto alla moglie, si è… insomma ci siamo capiti. Quel che compriamo all’estero ha un costo sull’economia, quel che produciamo in casa reca un beneficio importante, alla famosa e un po’ dimenticata bilancia commerciale e all’esistenza di un settore industriale nazionale, che lavora anche all’estero, ma che verrebbe comunque indebolito dalla cancellazione di queste attività estrattive nazionali, che sarebbero comunque sostituite non da energie rinnovabili, ma da importazioni.
(S) Se anche importiamo, lasciamo le grane ambientali ai russi, agli arabi, agli americani.
(C) Bel gesto! Ma forse ci tiriamo addosso qualche problema politico: che uso fanno costoro, certi emiri in particolare, dei nostri soldi? Li investono per il progresso dei loro popoli o si lasciano convincere a finanziare i gruppi estremisti che agiscono contro gli ‘infedeli’ in tutto il mondo, a patto di non essere disturbati a casa propria? Non vedi un nesso tra gli enormi problemi politici posti dall’emigrazione di massa dal Medio oriente e dall’Africa e il cattivo uso della rendita petrolifera fatto dagli stati produttori? Vogliamo incrementare questo problema? Gli Stati Uniti hanno raggiunto velocemente l’autosufficienza energetica grazie allo sfruttamento degli scisti bituminosi, con seri problemi ambientali: questo lasciamolo pure a loro, ma non rinunciamo al nostro modesto contributo alla stabilizzazione dei prezzi e a frenare il flusso di denaro verso i soliti straricchi, nonché presunti finanziatori dell’islamismo radicale.
(S) Comunque è un rischio che non vale la pena prendere, per una goccia di petrolio
(C) Ti rispondo con i numeri. “Nel 2015, la produzione nazionale ha consentito di coprire il 9,1% dei consumi totali di petrolio in Italia e il 10,2% di quelli di gas con 11,1 milioni di tonnellate equivalenti tra olio e gas. Evitando il transito nei nostri mari di circa 85 super petroliere l’anno. Quasi 2 alla settimana. Circa 32mila lavoratori impiegati nel 2013 in progetti italiani suddivisi tra lavoratori diretti e indiretti e personale dell’indotto. Negli ultimi 30 anni, grazie alla produzione nazionale abbiamo evitato il transito nei nostri mari di una superpetroliera al giorno. Infine [il settore vale] più di 1,5 miliardi di euro l’anno per investimenti in progetti e in Ricerca e Sviluppo. “ (G. F. Borghini, in Formiche.net). Nello stesso sito o su Linkedin trovate numeri e argomenti in abbondanza
(O) Ma chi se ne importa. Io comunque le trivelle non le voglio, né entro le 12 miglia né oltre, nemmeno in terraferma. Voglio proprio smetterla con la dipendenza dal petrolio, anche da quello nostrano. Voglio sole e aria e acqua pulita.
(S) Io voterò nonostante i tuoi numeri, perché il popolo ha ben il diritto di esprimersi e non m’importa se sono ben informato o no. Tanto politici ed economisti sono della stessa razza, badano agli interessi forti.
(C) Io invece aspetterò i dati sull’affluenza. Se sarà decisamente sopra o decisamente sotto il quorum, andrò ad esprimere il mio bel NO, Solo in caso di incertezza sul raggiungimento del quorum, userò l’arma del non voto, cercherò di non far raggiungere il quorum. Anche se non è una questione di natura etica, ritengo sia una scelta importante in sé per il nostro Paese e ancora di più come una prova di uso della ragione in politica.
(C) Costante (S) Sebastiano Conformi (O) Onirio Desti
You must be logged in to post a comment Login