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Zic & Zac

BERGOGLIO, SIMBOLO E RIFUGIO

MARCO ZACCHERA - 25/03/2016

VISITA DI PAPA FRANCESCO IN BRASILEIl tempo vola e sono già passati tre anni da quando Papa Francesco è stato eletto successore di Pietro e il mio ricordo non può essere né da vaticanista né da teologo ma da cristiano semplice, piccolo piccolo.

Voglio bene a questo papa perché riesce a parlare diritto alla coscienza di ciascuno con grande semplicità, facendoci riflettere con il suo esempio e con parole chiare, spontanee, parlando a braccio e andando direttamente al cuore dei problemi.

Spesso ascolto critiche verso di lui, ma mi sembra vengano da una minoranza che vorrebbe che nulla cambiasse senza rendersi conto che ciò sarebbe solo per calcolo personale, paura del cambiamento o pigrizia mentre invece il Vangelo è da leggere sempre in chiave semplice ma attuale e soprattutto cercando di viverlo nella realtà dei tempi e quindi anche nella società di oggi.

In tre anni Francesco ha soprattutto impresso un ritmo nuovo in Vaticano nella gestione della politica estera, delle finanze, nel rapporto con le altre chiese cristiane.

Ricordiamoci di come sia stato impietoso nel denunciare con fermezza l’inettitudine della politica italiana e di molte organizzazioni internazionali, ma anche dando risposte ferme ed indicazioni chiare contro la guerra e nelle crisi internazionali, come è stato per la Siria quando di fatto ha fermato i bombardamenti occidentali che sarebbero stati una catastrofe sia in chiave politica che diplomatica, così come ha costruito un solido ponte verso Cuba.

Un papa che è in prima linea a sottolineare il disastro di un mondo che si chiude su sé stesso ma nello stesso tempo mettendo mano ad una profonda rivoluzione nella gestione delle finanze vaticane che tutto sono tranne che esempio di povertà e trasparenza evangelica.

Ma ricordo anche Francesco “vescovo di Roma” – come ci ha salutati già dal primo giorno – che solo nel presentarsi così ha superato storici steccati soprattutto nei confronti delle altre chiese cristiane divise da secoli di pregiudizi.

Nello stesso tempo un papa che ha dovuto affrontare la crisi profonda di una chiesa squassata anche dagli scandali di pedofilia e che troppe volte si chiude, referente solo di sé stessa. Immagino le resistenze e le pressioni dell’apparato, i trabocchetti, le rivalità, ma proprio la sua provenienza e formazione in aree del mondo così diverse dalla vecchia Europa hanno dato linfa nuova alla chiesa cattolica.

In Europa la nostra è una chiesa che è molto appassita, che ha seminari e navate vuote, che troppe volte sembra assente o lontana davanti agli evidenti cambiamenti della società moderna che spesso sono negativi o segni di grande egoismo, ma costituendo comunque la realtà quotidiana di un mondo che cambia e dove la chiesa deve pur saper esprimere un punto di riflessione e riferimento.

Da questo punto di vista papa Bergoglio è sembrato cogliere meglio questi segni rispetto al passato avvicinando alla fede non soltanto masse di nuovi fedeli in tutto il mondo, ma soprattutto parlando ai cuori della gente, anche a chi in chiesa non ci va o non ci è mai andato.

Lo fa ogni giorno con parole semplici, gesti eloquenti, interventi chiarissimi su temi d’attualità ammettendo anche i propri limiti – se necessario – ma dando sempre una chiave di lettura corretta, coerente, serena. Una papa che parla al telefono, rifugge dalla security, va in giro senza auto blu, vive in due stanze: per qualcuno è demagogia, io credo invece che voglia essere soprattutto un buon esempio.

Un papa che ci fa sorridere se viaggia con la sua valigetta squinternata, ma ricordandoci anche così – giorno per giorno – che la realtà di un mondo di sette miliardi di uomini non è quella di chi viaggia elegante ma di chi è senz’acqua, senza luce, senza comodità e con tanta, troppa povertà tra ingiustizie, guerre, profughi e disperazione.

Per questo Francesco è diventato un simbolo, un rifugio, un riferimento di speranza per un mondo che ne ha un disperato bisogno.

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