Si è svolto il 19 marzo scorso, a Cairate, il Congresso provinciale delle ACLI, Associazione Cristiana Lavoratori Italiani. Ho partecipato anch’io quale delegato del Circolo di Varese Centro. Da tempo ormai evitavo di assumere compiti di rappresentanza che andassero oltre la mia semplice partecipazione alle iniziative del Movimento Aclista.
Nel primo decennio dell’ultimo dopoguerra avevo partecipato attivamente alla vita del mio Circolo di Biumo Inferiore in Varese. Poi, a lungo, con responsabilità notevoli, alla gestione provinciale del Movimento. Il presidente nazionale Livio Labor mi aveva anche coinvolto nella iniziativa politica dell’ MPL fino alla sfortunata prova elettorale del 1972.
Il 19 marzo è stato per me in qualche misura un rientro nel tessuto più intimo del Movimento. Per il quale, in più circostanze, avevo comunque assunto responsabilità diverse, anche come presidente provinciale dell’Enaip, Ente nazionale Acli istruzione professionale.
Quanta strada le Acli hanno compiuto! Quanti altri servizi hanno attivato. Oltre al Patronato, forse il più antico, diverse iniziative sociali, di assistenza e culturali sul territorio. Attenzione alla persona, agli anziani e ai giovani con proposte intelligenti per l’avvio al lavoro.
Durante il Congresso riflettevo sulla ricchezza e qualità delle iniziative in atto. Con i servizi soprattutto, così utili per la vita così impegnativa di oggi. Condizione derivante da una situazione generale nel mondo, con le sue ricadute particolari sul nostro Paese, su alcune Regioni più che su altre, su aggregazioni urbane più che su altre.
Mi domandavo se per le Acli restasse sufficiente intervenire con i loro servizi sociali, o se oggi sia opportuno che anche le Acli facciano ‘politica’, per contrastare scelte che incidono negativamente sulle situazioni diverse nelle quali operano. Per proporre scelte e percorsi civili diversi. Di fatto si deve prendere atto di una diffusa inerzia amministrativa e burocratica. Ma si considera che le cose potrebbero andare diversamente con una visione ‘altra’ della dimensione territoriale in cui viviamo.
Siamo alla vigilia di scelte amministrative modificative rispetto alle condizioni in cui ci troviamo da decenni. Con una revisione del sistema delle Province, degli ambiti comunali, dell’articolazione del sistema di assistenza sanitaria. Si tratta di questioni che incidono notevolmente sulla nostra organizzazione di vita, che vanno affrontate in tutte le sedi di confronto e di orientamento culturale e sociale disponibili.
Cosa comporterà la definizione dell’Area metropolitana milanese? Quanto inciderà sulla vita delle città disperse, delle loro periferie frantumate, dei tentativi necessari di ricostruzione delle Comunità?
Quale è la rilevanza sociale ed economica, ma innanzitutto culturale, di processi che confusamente vengono avviati con la convinzione di realizzare ammirevoli novità, ma che produrranno conseguenze preoccupanti per i prossimi decenni?
Può essere considerato tutto questo compito esclusivo delle organizzazioni politiche e non anche in altre sedi di elaborazione e incidenza sull’attività politica quali sono anche le Acli?
Luogo qualificato, per la sua separatezza da ambizioni dirette di conquista di potere politico e amministrativo, dove affrontare, proporre con forza tutto quanto è opportuno proporre nell’interesse generale, per contrastare tutto ciò che può convenire alle forze politiche che siano prevalentemente orientate alla conquista di un potere di governo.
Se rischiamo di ritrovarci coinvolti in conurbazioni affrettate e di convenienza trascurando risvolti sociologici e organizzativi compatibili con la nostra storia e il nostro possibile futuro, dobbiamo sviluppare in ogni sede, il Movimento aclista è una di queste, una prospettiva di bene comune e un progetto, con le alleanze culturali per la sua realizzazione concreta. Ricostruendo progressivamente un sistema ragionevole e necessario di relazioni sociali all’interno delle nostre comunità.
Viene frequentemente rilevata la condizione ‘liquida’ dei nostri aggregati urbani dove si è consolidata una situazione di individualismo diffuso e preoccupante che incide in particolare sulle fasce giovanili e degli anziani. Il suo superamento può solo avvenire con una profonda revisione del concetto di città che ricostruisca la rete delle relazioni di comunità un tempo assolte nella compattezza degli insediamenti storici.
Questo significa che non si possono più accettare le gestioni urbanistiche attuali fondate su una legislazione prevalentemente rivolta alle quantità edificabili anziché alla rilevanza prioritaria della riorganizzazione urbana riferita ai luoghi significativi, rappresentativi della vita della Comunità.
Sono forse questi temi da riservare alla sola attività dei partiti? O sono temi di vita che devono essere affrontati in ogni sede, e anche nelle Acli? Le Acli devono individuare, come saprebbero fare, come hanno fatto nel passato, le radici dei problemi che producono condizioni di vita da cambiare. Che non vanno solo affrontate come lodevolmente oggi, con i loro servizi diffusi, nelle loro sedi con personale preparato, con un generoso volontariato.
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