L’interdittiva antimafia nei confronti della ditta che ha vinto l’appalto per costruire il silos da 91 posti auto alla Prima Cappella ha indotto il Comune, capofila nella partnership dei fautori del maxiscavo, a fermarsi. Per ora (alleluia) non si va avanti. Nessun cantiere, nessun lavoro, nessun posteggio. La responsabilità viene trasferita ai futuri amministratori, che i varesini sceglieranno nel mese di giugno. Tecnicamente, da come si son messe le cose sul piano giudiziario nell’attesa di pronunziamenti definitivi, uno “scarico” (forse) dovuto. Amministrativamente, un lascito (senza dubbio) imbarazzante. Politicamente, una figura che definire brutta (bruttissima) è il minimo.
Il massimo – ma era anche questo un minimo: di saggezza – sarebbe consistito nell’ingranare la marcia indietro, indipendentemente da altri fattori di rischio, quando i cittadini (più di seimila firme raccolte dai no-bunker di Varese 2.0) si opposero al progetto. Le motivazioni si riassumevano in una sola: affermare la prevalenza del buonsenso. Il buonsenso suggeriva che a quell’opera si rinunziasse perché inopportuna dal punto di vista ambientale, non risolutiva dei problemi sotto il profilo viabilistico, troppo costosa sul piano economico. La sollevazione popolare, spontanea, appassionata, memorabile (mai accaduto nulla di simile qui, tra di noi) che nacque per consigliare l’abbandono dell’incauta idea non fu da alcunché suggerita se non dall’amore verso la città e il suo maggior tesoro: il Sacro Monte.
Il resto (cioè le accuse di speculazione pre-ettorale rivolte dal centrodestra al centrosinistra e al movimentismo civico) rappresentò solo un triste/mediocre corollario al sorprendente/insistito sbaglio strategico. Lo rappresentò e continua a rappresentarlo: si seguita infatti -parole del sindaco Fontana, dichiarate in un’intervista a Varesenews- nell’indicare come subdolamente estorto ai cittadini, mediante una demagogica propaganda, il parere avverso all’intrapresa, secondo il borgomastro positiva, lungimirante, immeritevole di dubbi e proteste.
Bella considerazione verso l’intelligenza d’una quota dei governati da parte del numero uno dei governanti: quasi che costituissero un insieme di creduloni, facile da imbonire, incapace d’autonomia intellettuale, utile da strumentalizzare. Grazie per il complimento. Grazie anche al vicesindaco Morello per l’acutezza dell’analisi –non nuova, a dire il vero, nel sancta sanctorum di Palazzo Estense- circa il verdetto anti-park espresso dai varesini: se in seimila firmarono, egli ha spiegato, è probabile che gli altri settantacinquemila la pensassero (e continuino a pensarla) all’opposto. Osservazione banale/ingenua/stolta: e se invece non fosse così? Se i settantacinquemila ammiccassero silenziosamente? Se rifiutassero l’equazione: non scendere in piazza uguale salire sul carro municipale?
Non c’è bisogno d’organizzare un referendum specifico per ricevere la risposta sul caso Prima Cappella. Basta il voto al quale saremo chiamati tra un paio di mesi. In campo ci saranno (1) partiti che hanno voluto l’ipercriticabile area di sosta sul curvone di fronte alla chiesetta dell’Immacolata e (2) partiti che l’hanno osteggiata con ogni possibile mezzo democratico. Liste civiche che sostengono la voce 1 e liste civiche che si schierano con la voce 2. Scegliere risulterà semplice, al di là delle chiacchiere e badando ai fatti. Sono quelli a contare, come le schede infilate nell’urna e la dinamite che si voleva infilare nella roccia.
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